COME CAMBIA MILANO

La Milano dei primi anni Ottanta, quando vi sono approdato, era una città caotica e poco illuminata nei punti non centrali, che recava ancora in sé le stimmate dei confusionari anni Sessanta, infarciti di clacson isterici, frenate improvvise, partenze a strappo che non erano uno strappo alla regola consuetudinaria. L'olezzo dei fiori era sovrastato dal lezzo di benzina, gas di scarico, della gomma dei pneumatici. Ricordo che una sera, transitando nei pressi della stazione Centrale, fui sorpreso dall'aumento di luci esterne presenti, constatando poi che si trattava di quelle di una produzione cinematografica diretta da Pasquale Festa Campanile e interpretata da Renato Pozzetto. Era quella la Milano da bere, dove l'alcol imbottigliato faceva il paio con l'imbottigliamento da traffico, che spesso e malvolentieri affliggeva i poveri automobilisti fermati per lunghi momenti. Io all'epoca l'auto in città ancora non l'avevo, per cui mi limitavo ad osservare dai finestrini dell'autobus il magma di metallo sottostante. Lungo corso Buenos Aires, uno dei corsi più lunghi d'Europa ad eccezione dei ricorsi tribunalizi riguardanti processi interminabili, la serie di negozi in fila l'uno all'altro come spiedini infilzati attraevano l'attenzione e stimolavano l'appetito per quello che esponevano: alimentari, tessuti, profumi, libri. Era quella ancora l'epoca delle librerie indipendenti, dove il libraio se non un amico era un conoscente che consigliava le letture ai lettori, con l'aria di avere letto tutte le novità esposte e di conoscere tutti gli autori presenti. Camminavo per il chilometro e mezzo del viale che parte da piazza Argentina per arrivare a piazza Venezia, che così tanto piaceva a Giuseppe Marotta negli anni Venti, dopo essere approdato a Milano da Napoli. La sua accesa sensibilità gli faceva vedere il luogo al pari di una zona di mare: lo spiazzo, le piante, il cielo gli ricordavano quelli della sua città di origine, quella Napoli nella quale avrebbe fatto definitivo ritorno soltanto nei primi anni Cinquanta, di lì a non molto pentendosene e imprecando contro la nostalgia che gli aveva fatto abbandonare la città di adozione per stabilirsi dapprima al Vomero, che non è certo uno dei quartieri più malfamati della città, e poi sulla sommità della salita Monte di Dio, che non è certo uno dei quartieri più sofisticati. Sarebbe stato più saggio acquistare una seconda casa da utilizzare per alcuni mesi all'anno, conservando però quella di Milano, suo nuovo affetto ormai da anni dove aveva fatto la spola tra i grandi editori Mondadori, Rizzoli, Bompiani, Corriere della Sera. Nelle mie passeggiate solitarie pensavo spesso a Marotta, e non solo a lui ma a diversi altri scrittori diversi tra loro che avevano saputo infondere nei loro libri il proprio sapere incantandoci con il loro stile. Nei vicini giardini di Palestro da me preferiti a quelli più ampi del Sempione, percorrendo i suoi viali interni era possibile estraniarsi dalla città e illudersi che si fosse piombati in aperta campagna, aiutati anche dal canto degli uccellini e dal profumo delle piante. E in quel luogo incantevole, era anche possibile fare incontri altrettanto incantevoli.

Antonio Mecca

Proverbi Milanesi

Milano in Giallo

di Albertina Fancetti, Franco Mercoli, Alighiero Nonnis, Mario Pace
EDB Edizioni

Com'è bella Milano

di Albertina Fancetti
EDB Edizioni

El Pret de Ratanà

EDB Edizioni