I DISEGNI DI GOURDON

NELLE COPERTINE DI FRÉDÉRIC CHARLES ANTOINE

Quando il pacchetto speditogli da un amico libraio gli arrivava a casa, era lui a volerlo aprire personalmente. Non solo perché fosse a lui indirizzato, ma anche e soprattutto perché sapeva cosa il pacco contenesse. Libri, vecchi suoi libri scritti e pubblicati quarant'anni prima, romanzi della serie poliziesca riguardante il commissario San-Antonio che i lettori francesi così tanto avevano mostrato di apprezzare, e così tanta fama e ricchezza gli avevano procurato.
Frédéric Charles Antoine staccava la carta marrone da pacco che avvolgeva a volte uno soltanto, a volte due e a volte più volumetti tascabili relativi alle prime edizioni da lui tanto ricercate, quelle degli anni '50-'60 con le copertine illustrate dall'abilità pittorica di Michel Gourdon.
 Aveva sempre amato le copertine dei libri con scene realistiche ma al tempo stesso ammantate di fantasia, concernenti scene di violenza, azione e amore ben miscelate. Non come attualmente, dove i disegni sono stati soppiantati da fotografie che nulla hanno a che vedere con le storie da lui inventate.
I disegni di Gourdon riuscivano nell'intento di concretizzare l'immaginario, il parto della sua fantasia che aveva prodotto quelle storie mentre guardava i figli giocare, o la moglie cucinare, o mentre era con loro o solo con se stesso a passeggiare, a rimirare la natura vivere e ad assorbirvi gli umori, i profumi che piante e fiori donavano.
I suoi vecchi libri... Scene cruenti, ma non certo stomachevoli. Il commissario realizzato da Gourdon era un uomo con i tratti del viso decisamente latini, che teneva fede al nome che seppure esagerato era di stampo italiano. Quale emozione, nello sfogliare le vecchie pagine di quelle prime edizioni, che a scriverli era stato proprio lui, palpitante di sensazioni che solo i giovani posseggono. E poi la prosa descrittiva: frasi brevi, secche, del tipo di "Spinsi la porta ed entrai". Penetrare nel vivo del mistero, dell'azione, dell'amore. Si rileggeva, ma era come se si leggesse per la prima volta, poiché non ricordava quello che aveva scritto tanti anni prima. D'altronde, come avrebbe potuto? Erano trascorsi decenni, con la sua foga creativa che aveva prodotto libri su libri posti uno sopra l'altro tanto da formare pilastri che sembravano scale per raggiungere il cielo, che gli aveva elargito una grazia creativa che da tempo si era trasformata e sformata in qualcosa di tecnicamente ineccepibile. Nel leggerli era diventato il lettore di se stesso, l'autore che aveva scritto centinaia di storie vivendole in prima persona. E quelle prime, emozionanti avventure riuscivano ancora a prenderlo e a strizzarne l'anima producendo un distillato di sensazioni che un tempo purtroppo lontano lo aveva ammaliato ammaliando anche i lettori. 
Antonio Mecca

Proverbi Milanesi

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