La figura astratta di un mosaico metallico

Piazzale Dateo sembra un enorme paiolo dove i veicoli sono stati rimestati da un titanico cucchiaio; non si scorgono intersezioni perpendicolari, assomiglia più al mosaico metallico di una figura astratta

Corso Plebisciti è una bolgia e Corso Indipendenza non è da meno. Sono le 7.40 del mattino e, tanto per cambiare piove, o meglio, diluvia. Bocche di lupo e tombini vomitano centinaia di litri di acqua sommergendo il piano stradale che ormai è un tutt’uno coi marciapiedi. Un fiume vero e proprio dove autovetture, non adatte alla locomozione anfibia, stentano ad avanzare e, quando avanzano, investono con onde anomale i già fradici pedoni. Tale è lo spettacolo che ci aspetterebbe di veder passare da un momento all’altro un motoscafo con dietro un tizio che fa sci nautico. Oppure un servizio chiatte che trasporta le persone da una parte all’altra della strada, considerata l’impossibilità di attraversarla, a meno di non ottenere momentaneamente i poteri di Gesù sul lago di Tiberiade. Il collegamento tra la Menotti e la Mameli è stato chiuso, quindi non esiste scappatoia. Si deve arrivare per forza in Piazza Risorgimento, la quale, tra ciclabili aggrovigliate e improbabili carreggiate, sembra un test di Rorschach al contrario; chiunque l’abbia concepito è pazzo.

Dopo la Risorgimento arrivano i guai. Un tempo i guai sarebbero sopraggiunti solo al budello del Monforte ma, dopo i lavori in Corso Concordia che è passato da 3 corsie per senso di marcia (ex controviali inclusi), a una, non vi è modo di uscirne.  In realtà un’illusoria maniera, che adesso va per la maggiore, esiste. Dato che le arterie principali sono state drasticamente ristrette, l’automobilista medio ha visto bene di prendere d’assedio i piccoli sensi unici limitrofi, credendo di aggirare il problema. In conclusione, siccome le storiche strade sono già straintasate, ora imbottigliamo e inquiniamo anche le piccole viuzze.

A breve tempo dall’inaugurazione della M4, su uno dei suoi assi principali con giornate da Arca di Noè, che dovrebbero invogliare a lasciare la macchina a casa, la situazione attuale rimane quella descritta.L’impresa di far cambiare abitudini ai Milanesi, che per quanto si sentano superiori rimangono pur sempre italiani, fa impallidire le 12 Fatiche di Ercole. Ma il problema rimane e non c’è modo di eluderlo. La moderna, semianalfabeta e remunerativa comunicazione, adottata soprattutto dalla politica, non è in grado di rieducare ma solo di far propaganda. Fine a se stessa, autocelebrativa e di una inarrivabile ignoranza quando si tratta di comprendere e non di vendere.

Milano soffre ormai da tempo di conclamato disturbo dissociativo dell’identità: roba da far impallidire il Dottor Jekyll e il suo malvagio alter ego. A seconda dei casi è metropoli in grado di ospitare i grandi eventi dell'inquinato mondo occidentale in pochi metri quadrati o bucolica città degli spostamenti in bicicletta e monopattino; opulento capoluogo dei SUV (dopo una piccola battuta d’arresto i subnormali sono di nuovo in aumento) ma anche di un blasonato e sostenibile trasporto pubblico; fulcro nevralgico di tecnologica modernità e del verde incolto; città della ormai perduta produttività che tuttavia si fregia di inerti chiacchiere spacciate per concretezza.

I mezzi di locomozione alternativi non hanno fatto altro che produrre nuove forme di maleducazione: un tempo potevamo stigmatizzare solamente automobilisti e motociclisti. Ora siamo venuti in possesso dell’inequivocabile prova che il milanese medio è stronzo a prescindere da ciò che guida: tutti pretendono diritti ma nessuno ne concede, con buona pace dei preistorici pedoni che, in strada e sul marciapiede, vantano ora un’ampia scelta di modi su come venire investiti.

Potremmo anche fare altre 10 linee di metropolitana o addirittura ripristinare gli spostamenti a trazione animale ma senza rieducazione non esiste cambiamento. E la rieducazione, figlia di un defunto senso civico e di un’esiliata cultura, non vende e non fa incassare. Siam divenuti così anche noi, privati di questi essenziali genitori della società civile, rabbiosi orfani smarriti che si fanno una meschina guerra l’un l’altro, arroccati sulle nostre abitudini e intrappolati nel nostro ego, mentre Milano continua a soffocare nel calderone del traffico e di fallaci paroloni che ci propinano il nulla. 

Riccardo Rossetti

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