LA LUCE NEGLI OCCHI DI VIRGINIA WOOLF

Talvolta è dalla Letteratura che è possibile ricavare risposte a domande che dalla realtà ci vengono poste. Dall'interessante volume "Lunedì o martedì", che accoglie fra le sue 400 pagine tutti i suoi 46 racconti, che la scrittrice inglese Virginia Woolf scrisse a partire da giovanissima e di già brava, fino a quando pubblicò il racconto "La stazione balneare", un mese prima di morire suicida il 28 marzo 1941 annegandosi nel fiume Ouse, nell'East Sussex. Il racconto al quale vorrei accennare è "Il simbolo", penultimo della raccolta. Descrive una donna che scrive alla sorella da un luogo montano di vacanza. La montagna le dà una certa oppressione, tanto che a volte le verrebbe da urlare, vedendo sempre quella montagna davanti. A volte sembra appena al di là della strada. Altre volte appare come una nuvola; solo che è immobile. Forse un parallelo con la tragedia di Cogne può anche venire fatto, perché talvolta ciò che per molti è bellezza, serenità, rilassatezza, per altri è invece mostruosità, follia, ossessione. 
C'è poi un altro racconto, molto bello, il cui titolo è "Un collegio femminile visto da fuori", risalente alla prima metà degli anni Venti (del '900) quando l'autrice aveva quarant'anni. Descrive un gruppo di collegiali "sdraiate o raggruppate alla finestra, a riversare in giardino la loro spumeggiante risata, una risata irresponsabile: una risata della mente e del corpo, che spazza regole, ore, disciplina; una risata immensamente fertile, benché informe, caotica, che ornava, si perdeva e infiocchettava i cespugli di rose con brandelli di vapore".
Viene da pensare che le giovani donne siano così: leggiadre e in apparenza leggere, e che tramite la loro freschezza e i loro magici sorrisi riescano a ricreare un mondo più piacevole diluendo con la loro femminilità l'eccessiva rudezza dell'uomo. 
"Il diluente dell'uomo", diceva di loro Giuseppe Marotta. Virginia Woolf fu più dalla parte delle donne che non degli uomini, sebbene non con tutte andasse d'accordo. La sua sensibilità eccessiva che ben traspare dalle foto che la ritraggono giovane prima e anziana poi, mostrano sempre il riflesso della sua anima, una continua comunione con le cose più che con le persone, il suo amore sviscerato nei confronti della Natura, l'amore che per lei provava. Sebbene fosse amante della natura (e di quella femminile anche) era però la città il luogo dove preferiva vivere, Londra in particolare, alla quale dedicò splendide pagine ora raccolte nel libro "Londra", tradotto: come il precedente, da Mario Fortunato per la Bompiani. Una curiosità: la giovane donna che appare nella copertina di "Lunedì o martedì" è Julia Stephen, madre di Virginia, che nella foto sembra avere la stessa luce degli occhi che la figlia erediterà.

Antonio Mecca

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