Le voci dei ricordi
- 15 marzo 2024 Cultura
La lettura del bel libro appena pubblicato: "Cara Giulia", porta ad alcune inevitabili osservazioni. La prima è il grande amore che un padre rimasto vedovo da un anno riversava sui propri figli, in apparenza cercando di riversare su di loro il proprio affetto, in realtà cercando di ottenere da loro l'affetto di cui aveva un bisogno disperato, soprattutto ora che era rimasto privo dell'amore della moglie Monica. Giulia era una ragazza come ce ne sono tante ma che tante come lei non ce ne sono poi molte, perché il suo fresco modo di di fare, l'amore che aveva suddiviso dapprima con il padre e la madre, per poi riversarlo per intero sul padre era un qualcosa di unico. Gino Cecchettin ricorda con commozione e amore i tempi in cui tutti e cinque: lui, la moglie Monica, i figli Elena, Giulia, Davide vivevano insieme col sacrificio imposto da una famiglia numerosa e da un lavoro che non era sufficiente a garantire la sicurezza di cinque persone. Eppure, quanta felicità anche spensierata in quei difficili anni, con la madre Monica super occupata nel tenere a bada i propri figli. attenta ai loro bisogni adolescenziali. C'è da immaginarsi entrambi i genitori che alternavano i sorrisi con gli sguardi preoccupati che ogni genitore possiede, ma che alla sera - seppur stanchi - sapevano comunque gioire perché un figlio rappresenta qualcosa che non può non scaldare il cuore. Il libro "Cara Giulia" racconta del prima, del durante e del dopo la morte della adorata secondogenita, ad opera di un farabutto che l'ha tolta alla famiglia e al mondo quando entrambi ancora avevano bisogno di lei. Giulia che intendeva - dopo la laurea in ingegneria biomedica - recarsi a Reggio Emilia per frequentare un corso di disegno onde diventare una disegnatrice per l'infanzia. Perché l'infanzia contiene in sé i germi benefici che da adulti possono indirizzarci verso una strada meno "anfosa", come cantava Modugno in una sua bella canzone, bensì più fresca e più leggiadra che ci conduca a un traguardo ambito. E poi ecco la Giulia spensierata, affettuosa con il padre e i fratelli. C'era in lei un qualcosa di grande. Qualcosa che nel futuro avrebbe di sicuro riservato e riversato al compagno prima e ai suoi figli poi, e: se il diploma ottenuto alla scuola di disegno si fosse avverato, ai suoi tanti figli putativi costituiti dai giovanissimi lettori del giornale che avrebbe ospitato i suoi disegni e - perché no? - storie da lei stessa scritte così come molti anni fa Grazia Nidasio faceva con la grazia suggerita dal suo stesso nome. Giulia, riposa in pace. Anche se la tua ancor giovane età non ti permette di dormire più di tanto perché la vita che ti è stata strappata vorrebbe essere vissuta da te e dalle ragazze come te.
Antonio Mecca