Quando la TV era in bianco e nero
- 21 febbraio 2021 Cultura
Me ne stavo andando tranquillamente a casa quando in un negozio di antiquariato intravedo un televisore di media grandezza con intelaiatura in legno, non piatto ma con una certa profondità. Mi ha subito incuriosito per cui sono entrato nel negozio. Era un antico televisore visto durante la mia fanciullezza. Mi è stato detto che funzionava ancora a valvole e trasmetteva in bianco e nero. Mi sono informato anche della marca, era un “Geloso”. Non avevo dubbi: era più o meno uguale al televisore che allora mi estasiava. Era il 1955. Mio padre mi ha portato, dopo mie insistenze, a casa di un suo carissimo amico, in una grande sala dove c'erano molte persone. Era la prima volta che vedevo quell'apparecchio che trasmetteva direttamente le immagini di persone in movimento, che addirittura cantavano a squarciagola canzoni dilettevoli e che facilmente si imprimevano nella memoria. Si trattava del grande evento di quell’anno, Il festival di Sanremo. C'era nell'aria una grande aspettativa, avevo sentito dagli adulti il loro desiderio di poter assistere in prima persona a quell'evento, non accontendandosi di ascoltare le canzoni alla radio. Perciò era la prima volta che si trasmetteva il Festival di Sanremo in diretta televisiva. Doveva essere tra il 27 e il 29 gennaio, date confermate leggendo la storia del Festival, ed era pure tarda serata per noi fanciulli, perché la trasmissione iniziava alle ore 22,45. Non ricordo chi conduceva l’evento in Tv, o meglio, allora non mi interessava, so adesso che erano Teresa Ruta e Armando Pizzo. Ricordo sicuramente chi vinse quell’anno a Sanremo, Claudio Villa con la sua voce ben impostata e potente in coppia con un meno conosciuto Tullio Pane con la canzone che avrei canticchiato molte volte nei giorni seguenti: “Buongiorno tristezza”. Non ricordo le altre canzoni sentite. Forse mi è rimasta nel retro memoria la malinconica canzone “Che fai tu luna in ciel” di Jula de Palma, abbinata quest'artista al ricordo di quella canzone. Comunque di quella serata mi è rimasta impressa nella mente la forma accattivante del televisore che dominava su tutti noi seduti, affascinati e divertiti. Aveva, come quello visto dal rigattiere, la forma di un mobile cubico in legno con profilo arrotondato, due commutatori rotanti a destra e a sinistra sulla parte frontale. Finalmente, come dicevo, ho saputo che i primi televisori che trasmettevano in bianco e nero funzionavano a valvole, qualche anno dopo sarebbero arrivati quelli funzionanti a transistor, modello della Sony, e poi la tecnologia avrebbe fatto altri passi avanti. In quell’anno della mia fanciullezza erano pochi in Italia che si potevano permettere di comprare quell’elettrodomestico, ma pian piano grazie all’innalzamento dello standard di vita, la tecnologia della Geloso, che aveva reso più accessibile il suo prezzo, ha portato le famiglie a impossessarsi di questo ed altri elettrodomestici, simboli di modernità e benessere raggiunto. Dopo oltre sessant'anni mi trovo a ricordare un episodio della mia fanciullezza in una città in cui è nato quell’oggetto del mio desiderio. La Geloso infatti è stata creata a Milano da un italo americano John Geloso nel 1931. La sua azienda, dapprima in piccola dimensione in via Sebenico, si trovava in un grande insediamento in viale Brenta 29. Non producevano qui solo televisori e radio, ma anche amplificatori acustici, ricevitori amatoriali, apparecchio audio e componentistica elettrica. Per decenni il marchio Geloso è stato sinonimo di qualità, di facile reperibilità, di semplicità di installazione e di uso. Era il prototipo dello sviluppo industriale di Milano e dell'intera nazione, poiché altri suoi stabilimenti con un proprio settore di specializzazione si erano insediati a Lodi, Napoli, Salerno, Roma e i suoi prodotti si diffondevano attraverso una fitta rete di distributori esclusivi in ben 50 Paesi. Mi risulta che l'azienda è sopravvissuta al suo fondatore ed è stata attiva fino al 1972. Ora io ne faccio memoria per uno spunto occasionale da un vecchio rigattiere, ma so che ancora adesso molti sono gli amatori di quel glorioso marchio italiano, si privilegiano di possederne in casa almeno un prototipo, son capaci di far funzionare perfettamente un televisore Geloso, magari andando alla ricerca delle antiche valvole. Fra queste persone c’è anche un mio giovane nipote, a cui ho raccontato la storia del primo televisore in bianco e nero della mia fanciullezza. Lui è un appassionato di oggetti di vintage; radio e tv d’epoca fanno da arredo nella sua casa. E grazie a lui ho riscoperto il valore di un prodotto glorioso della storia industriale italiana e milanese.
Luciano Marraffa