Se ne è andato Ettore Mo, un bravo giornalista, un amico

Aveva un cognome breve, brevissimo: Mo. Era però bravo, bravissimo. Ettore Mo, nato a Borgomanero il primo aprile 1932 e morto ad Arona il nove ottobre 2023, aveva iniziato la sua carriera giornalistica nel 1962, all'età di trent'anni, quando a Londra incontrò il corrispondente del Corriere della Sera Piero Ottone. Venne assunto perché chi lo ascoltava ne auscultava anche il cuore, la forza morale, il talento di cronista in nuce. E questo dopo avere svolto una miriade di mestieri, spesso umili: sguattero e cameriere a Parigi e Stoccolma, il barista, il bibliotecario ad Amburgo, l'insegnante di francese a Madrid, l'infermiere a Londra e lo steward in prima classe su una nave mercantile. Come giornalista lavorò prima a Roma e poi a Milano, occupandosi di musica e teatro per poi: nel 1979 venire inviato a Theran, dove era appena tornato l'ayatollah Komeyni. Ettore Mo aveva la giusta curiosità che ogni buon cronista dovrebbe avere, perché solo la curiosità garantisce la scoperta di ciò che il potere combina nelle varie "combine". Non fu un giornalista alla Oriana Fallaci, perché Oriana possedeva una determinazione tutta sua che la spingeva spesso sull'orlo dell'abisso, o un giornalista simile a Indro Montanelli, il quale aveva formato sotto la sua direzione una schiera di cronisti di vaglia, da Mario Cervi a Roberto Gervaso, da Marcello Staglieno a Marco Travaglio. Lo stile di Ettore Mo è meno aggressivo, ma sempre incisivo. Dei tanti articoli scritti fino a non molto tempo fa molti finirono raccolti nei quindici volumi che gli vennero pubblicati dal 1987 al 2009. Un giorno di tanti, troppi anni fa (si era tra il 1978 e il 1980) venne a Tele Nord Italia, dove in quel momento stavo lavorando all'emissione dei programmi, si presentò e comprendendo che avevo capito chi era mi sorrise. Avrebbe desiderato parlare con qualche dirigente, ma quel giorno: sabato o domenica, non era presente nessuno dei capataz dell'emittente. Glielo dissi, e lui se ne andò. Sul Corriere della Sera comparivano intanto i suoi articoli, sempre interessanti. Ettore è stato uno degli ultimi cronisti di valore della vecchia guardia che hanno saputo raccontare: bene, la realtà che vedevano e comprendevano, spiegandola ai lettori senza edulcorarla né tanto meno infangarla. Convinto che un giornalista è sul posto che deve recarsi prima di scrivere e raccontare ciò che ha visto e sentito, anche rischiando molto per in fondo (nella fattispecie l'articolo di fondo) qualcosa di poco, Ettore Mo portava il suo nome alla perfezione, essendo quello dell'eroe omerico che aveva saputo battersi alla grande anche con i grandi. Un po' come Zelensky con Putin. Era molto amico del nostro direttore col quale usciva spesso in coppia, lui per il Corriere della sera e De Bernardis per il Corrire d'informazione quando entrambi si dedicavano alla critica teatrale e si trattenevano in compagnia a tavola da buon gustai e amanti della barbera.
Antonio Mecca

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