MILANO: RIPARTIAMO DALL'A, B, C
- 27 settembre 2020 Editoriali
La foto in alto, che pare estrapolata da una mostra d'arte contemporanea, è stata scattata a due passi dal centro. Se le si volesse fornire una didascalia appropriata, solo la fantasia individuale potrebbe rappresentare un limite: “non trovavo parcheggio”, “odio le due ruote (grandi o piccole)”, “usate i cestini “o il sempreverde e più che mai attuale “me ne frego!”. Quest’ultimo, scevro ormai di memoria storica, ha attraversato da tempo i confini politici totalitari, assumendo un’accezione democratica mai vista prima e una connotazione di libertà apprezzata dai più: la libertà di fregarsene, appunto.
Il monopattino, per quanto a mio -e del tutto personale- parere rimarrà sempre ridicolo osservare un adulto sfrecciarvi sopra (mi domando quando arriveranno girelli e cavallucci a dondolo elettrici), mette solo in risalto la nostra e consueta maleducazione o ineducazione, a seconda del caso: nuovo mezzo di locomozione, vecchia cafoneria. Il simpatico ed ecologico trabiccolo non va certo osteggiato o demonizzato; tutt’altro. Qualsiasi soluzione ecologica sarà sempre la benvenuta per limitare lo smog e il traffico che da troppi anni ci opprimono.
Ma noi milanesi siamo sempre così occupati a farci la guerra tra categorie che soprassediamo sulle più basilari regole del vivere comune; viviamo in mezzo ad altri ma pare non ci importi. O meglio, ci importa quando una determinata situazione riguarda i nostri diritti. Se sono invece i doveri a coglierci in fallo, sappiamo essere elastici come fionde. Automobilisti contro ciclisti, ciclisti contro motociclisti, motociclisti contro monopattinisti (perdonate il neologismo), monopattinisti contro pedoni e pedoni che le prendono da tutti. E se ogni appartenente a questi gruppi venisse interrogato sul proprio incivile comportamento, opporrebbe fiere e distorte argomentazioni di difesa per giustificare il proprio operato. Piccole, squallide e quotidiane vittorie di Pirro, dove il prezzo pagato risulta davvero troppo alto: un riguardo per il nostro prossimo ridotto ai minimi termini e una frammentazione sociale sempre più evidente.
Una volta vidi un mio vicino litigare con un tizio perché aveva trovato occupato il passo carraio dove era solito posteggiare. Intendiamoci: il passo carraio non gli appartiene ma dal suo punto di vista è inconcepibile che qualcun altro, non della zona, si arroghi il diritto di prelazione sul fottersene. Pura, cristallina e italica antropologia culturale.
Il periodo non è certo dei più rosei e questa città ne ha forse risentito più di altre. Ci eravamo abituati ormai a una Milano che prosperava e che sembrava non avere limiti. Ma i limiti c'erano prima e sono ancor più evidenti ora: alberghi chiusi, posteggi di taxi stracolmi, negozi che non hanno più rialzato la serranda e file di fronte alle opere pie per beni di prima necessità che parlano sempre più con cadenza meneghina.
La forbice sociale si sta pericolosamente allargando e la scarsa empatia che contraddistingue questa era non sarà certo il lubrificante ideale per tentare di stringerla.
Potremo innalzare altri grattacieli; ripartire con moda, business e design; acquistare e isolarci con nuovi balocchi tecnologici ma, infine, saranno i nostri comportamenti e le nostre priorità a identificarci e a definirci; che ci piaccia o meno. E uno stuolo di escrementi canini che ci colloca saldamente tra i centri abitati più smerdati d’Italia rimane un considerevole e maleodorante biglietto da visita.
Ma Milano è più di tutto ciò. Lo è sempre stata. Ha solo scordato la sua anima antica, fatta di solidarietà, impegno civico e civile. Come scritto tempo addietro, i mattoni concreti di questa città rimangono i suoi abitanti e l’unica malta che potrà tenerci saldamente uniti e condurci verso il futuro è il rispetto reciproco. E se l’avessimo scordato o non ci interessasse, ora più che mai, in questo delicato momento storico permeato di incertezza dove i nostri personali problemi non lasciano spazio a quelli altrui, dovremmo sforzarci di rinverdirlo o ri apprenderlo.
Ripartiamo dall’A, B, C di Milano: Tirémm innánz. Ma tutti insieme.
Riccardo Rossetti