Senza polemiche
- 05 maggio 2015 Editoriali
Dopo il nostro articolo sul 25 aprile, in redazione abbiamo ricevuto molte telefonate di complimenti da lettori che si congratulavano per il tono e i temi che abbiamo voluto toccare, sottolineando come la Festa della Liberazione abbia ancora molto da insegnarci.
In particolare, ci siamo voluti soffermare, più che sul ricordo degli avvenimenti storici, tema ampiamente trattato su buona parte degli organi di stampa, sul “lascito morale” della Resistenza, vale a dire la lotta compiuta da singoli esseri umani contro il Male, assurto a sistema di potere e di controllo degli uomini, un principio, questo, che riteniamo sia valido per ogni luogo geografico e per ogni epoca storica.
Come simbolo dell’umanità perseguitata dal Male incarnato in una istituzione politica, proprio perché si trattava della commemorazione del 25 aprile, abbiamo scelto di prendere a esempio il popolo ebraico, vittima principale, ma non unica (come ricordato esplicitamente nell’articolo), della furia nazista.
Anche su tale punto abbiamo ricevuto chiamate da alcuni dei nostri lettori, ma questa volta non si trattava di complimenti, ma di gente che ci chiedeva perché, come simbolo dell’umanità perseguitata, non abbiamo scelto invece di citare i cristiani e il cristianesimo, il cui fondatore stesso può essere assurto a simbolo di un uomo innocente che viene perseguitato e ucciso.
Ma perchè, allora, non prendere a esempio anche il genocidio del popolo armeno (oltre un milione di morti) messo in atto dall’impero Ottomano, di cui proprio quest’anno cade il centenario e che anche il sindaco Pisapia ha voluto ricordare?
Per rispondere, ci pare opportuno citare la poesia “la capra”, scritta dal poeta triestino di origine ebrea Umberto Saba.
All’interno del testo, una capra, legata da sola sotto la pioggia, viene assurta a simbolo del male subìto dal popolo ebraico ma poi, andando avanti, si dice che il dolore “è eterno, ha una voce e non varia”, volendo dire che tali sofferenze sono comuni a tutti gli oppressi, indipendentemente da razza, etnia, credo politico o fede religiosa.
Noi della redazione riteniamo che non ci siano parole migliori per confermare, ancora una volta, i concetti che volevamo esprimere nel nostro articolo, senza polemiche e, come è nostra tradizione, sempre nel rispetto di tutte le voci.
edb