A un mese dal via, la storia di un grande evento
- 31 marzo 2015 Expo 2015
Il 30 ottobre 2006 la città di Milano, allora guidata da una Giunta di centrodestra con a capo Letizia Moratti, depositava presso la sede parigina del B.I.E. (l’organizzazione che assegna le Esposizioni universali) il dossier riguardante la candidatura della città a ospitare l’Expo del 2015.
Questo atto rientrava nel programma elettorale con il quale il centrodestra aveva vinto le elezioni comunali appena sei mesi prima, che prevedeva di ritagliare per Milano un ruolo da protagonista sulla scena internazionale, a partire proprio dai grandi eventi. L’unica altra città ad aver presentato la candidatura era Smirne, grande centro turco sul mare Egeo, famoso soprattutto come importante snodo portuale e turistico. La città asiatica si presentava al B.I.E. con il motto Nuove strade per un mondo migliore, salute per tutti, - proponendo quindi di sviluppare un tema legato a nuovi modi di pensare la medicina, con una particolare attenzione a quella moltitudine di persone, sopratutto nei Paesi in via di sviluppo, con un difficile accesso a cure mediche adeguate a garantire una vita dignitosa. Il tema di Milano, “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”, poneva al centro del suo progetto sempre tematiche legate a uno sviluppo sostenibile e ai Paesi del Terzo Mondo, focalizzando però l’attenzione sul cibo e in particolare su come garantire un’alimentazione sufficiente e quanto più possibile varia e salutare al maggior numero degli abitanti della Terra. Una volta partita la sfida tra le due città, si trattava di convincere il B.I.E e i delegati dei 153 Paesi che siedono nella sua Assemblea, della bontà e della bellezza del progetto di Milano. Il piano complessivo elaborato era ambizioso: una serie di progetti (cittadella dello sport, città della salute, città della giustizia, biblioteca europea, oltre a diversi centri di ricerca, strade di collegamento e nuove linee metropolitane) in grado di rendere la città meneghina una protagonista assoluta sul palcoscenico globale, in grado di ospitare questo grande evento. Tutti questi progetti ambiziosi e il tema scelto riuscirono così a convincere i delegati del B.I.E., che il 31 marzo 2008 assegnarono, con 86 voti contro 65, l’Expo 2015 a Milano.
Il risultato conseguito era stato fin da subito salutato come una grande vittoria non solo per la città, ma anche per l’Italia, tanto più perché la vittoria era stata ottenuta mediante la collaborazione e il sostegno compatto dato da parti politiche contrapposte, che sul terreno di Expo erano riuscite a trovare un terreno comune sul quale operare. Purtroppo, i problemi cominciarono a sorgere nei mesi e negli anni successivi, nel corso dei quali si accumularono le incomprensioni e i ritardi. Uno dei principali motivi di conflitto tra le diverse parti politiche, che una volta ottenuta l’assegnazione abbandonarono presto la concordia precedente, si ebbe per decidere a chi toccasse la “governance” di Expo, sia per quanto riguardava le cariche all’interno della società sia per le cariche “istituzionali”, in particolare per la figura del Commissario, vale a dire colui che durante le Esposizioni universali ha il controllo sull’evento. Proprio per la figura del Commissario si è assistito a un fatto più unico che raro nella storia dell’Expo, vale a dire a un suo sdoppiamento, con la creazione di un “Commissario straordinario”, identificato nella figura del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, e di un “Commissario generale”, nella persona dell’allora Governatore della Lombardia Roberto Formigoni. Oltre alla perdita di tempo dovuta alla competizione per i ruoli, si è assistito anche a un progressivo ridimensionamento dei grandiosi progetti iniziali, principalmente a causa del loro costo eccessivo o della loro difficoltà realizzativa. Uno dopo l’altro, quindi, sono stati modificati i piani per le “Vie d’acqua” (una serie di canali che avrebbero dovuto attraversare Milano), sono state accantonate le varie “città” (dello sport, della salute, della giustizia), è stata rimandata l’edificazione delle linee metropolitane M4 ed M6, oltre al taglio dei fondi per la maggior parte dei progetti minori connessi all’Esposizione. A fare da ciliegina sulla torta, una volta partiti i lavori, hanno pensato infine le inchieste riguardanti il cantiere di Expo. Il primo scandalo ha riguardato alcune società al lavoro sul sito espositivo, accusate di avere legami con cosche dell’Ndrangheta. Ovviamente, il fatto che organizzazioni mafiose siano riuscite a ottenere il controllo di alcuni appalti in un evento così importante, oltre a gettare luce su quanto si sia radicata a Milano la criminalità organizzata, non ha giovato all’immagine dell’Italia nel mondo, già troppo spesso additata come patria del malaffare. Oltre all’Ndrangheta, a far salire Expo al disonore della cronaca hanno provveduto i ben noti scandali riguardanti le mazzette e la corruzione ruotanti attorno al ricco piatto degli appalti legati al cantiere di Rho-Pero, che sono stati prontamente smascherati dalla Magistratura. L’ultima ombra, in ordine di tempo, ha riguardato l’appalto di “Palazzo Italia”, che rappresenta la vetrina del nostro Paese all’interno dell’Esposizione, sfiorato dalla recente inchiesta della Procura di Firenze sulle tangenti connesse alle grandi opere. Tutta questa serie di scandali, e i conseguenti stop temporanei ai lavori legati alle indagini, hanno portato a dei grandissimi ritardi nella realizzazione del sito espositivo, che a poco più di un mese dell’inaugurazione è ancora in parte incompleto, con alcune opere che non verranno completate in tempo per il primo maggio, giorno di apertura. Questi gli elementi negativi, venuti alla luce nel corso degli anni, che hanno dato agli italiani una visione non buona dell’Esposizione universale, percepita troppo spesso come il solito scandalo all’italiana. A trenta giorni dal grande evento, e quindi a giochi ormai quasi fatti, occorre però chiedersi se l’Expo sia stato solo una grande occasione perduta o se abbia effettivamente contribuito ad arricchire in qualche modo Milano. Per prima cosa, occorre sottolineare il gran numero dei turisti che si riverseranno in città nei sei mesi dell’evento: i biglietti già staccati finora hanno raggiunto quasi quota 9 milioni, con la previsione di raggiungere i 10 milioni entro maggio e 20 entro la chiusura a ottobre. Ciò avrà una ricaduta estremamente positiva per il territorio in termini di incassi e occupazione, che anche se non raggiungerà i livelli previsti in passato (uno studio dell’università Bocconi aveva calcolato per il periodo 2012-2020 un indotto di circa 25 miliardi con 200mila posti di lavoro in più) certamente darà una boccata d’ossigeno a un tessuto economico in sofferenza pluriennale. Per tornare poi ai biglietti già venduti, più di 5 milioni sono stati acquistati all’estero, il che renderà l’Esposizione milanese una delle più visitate da turisti stranieri. Ciò si ricollega a un altro vantaggio per Milano, vale a dire l’attenzione globale di cui sarà investita nei sei mesi della manifestazione. Il tema “Nutrire il pianeta, Energia per la vita” è stato infatti in grado di catalizzare l’attenzione di numerosi Governi e Istituzioni internazionali, che guarderanno alla nostra città come un leader in grado di ricercare nuove soluzioni ai problemi globali, in questo caso legati all’alimentazione e al consumo sostenibile. Milano diventerà quindi una delle “città-leader” mondiali, entrando nel ristretto gruppo dei centri urbani in grado di essere protagonisti per quanto riguarda innovazione e sviluppo sostenibile, cioè il leitmotiv dell’Esposizione universale. Come ultima cosa, bisogna ricordare i progetti architettonici che negli ultimi anni hanno modificato profondamente il volto della città ambrosiana i quali, seppure non legati direttamente al progetto di Expo, ne hanno in qualche modo “sfruttato” la spinta creativa e innovatrice. Nell’ultimo decennio infatti Milano ha assistito a uno sviluppo urbanistico notevole e a un parallelo ridimensionamento del suo skyline, grazie alla costruzione di numerosi grattacieli e torri. Tutti i nuovi edifici sono stati realizzati secondo principi di sostenibililità ecologica e risparmio energetico, comuni a quelli dell’Esposizione. Il miglior esempio di queste costruzioni è il Bosco Verticale, due torri alte 111 e 78 metri progettate dallo studio di Stefano Boeri e interamente ricoperte di alberi, in grado di assorbire lo smog e di produrre ossigeno, che recentemente è stato premiato come grattacielo più bello al mondo tra quelli edificati nel 2014, trionfando su 800 altri edifici. Elementi positivi e negativi, dunque, che visti adesso non consentono ancora di dare un giudizio definitivo su quanto Expo sia stato in grado di dare a Milano. Per tracciare un bilancio definitivo, infatti, bisogna aspettare la fine della manifestazione e anche guardare ai mesi successivi, quando verrà deciso il futuro del sito espositivo. Arrivati a questo punto, perciò, la sola cosa che si può fare, per quanto suoni strano dirlo, è incrociare le dita e saltare su questo treno in corsa, sperando sia capace di raggiungere senza problemi la sua stazione di arrivo.
Fabio Figiaconi