EXPO sì EXPO no

Scrive il Nobel Vandana Shiva: Expo avrà un senso solo se parteciperà chi s’impegna per la democrazia del cibo, per la tutela della biodiversità, per la difesa degli interessi degli agricoltori e delle loro famiglie e di chi il cibo lo mette in tavola. Solo allora Expo avrà un senso che vada oltre a quello di grande vetrina dello spreco o, peggio ancora, occasione per vicende di corruzione e di cementificazione del territorio.

Dopo i due convegni, tenutisi il 7 febbraio a Milano, continuiamo a parlare di Expo, su cui si sta puntando molto. Avvicinandosi l’apertura, il 1° maggio, crescono aspettative e critiche. Per fare un po’ di chiarezza, ecco i pro e i contro più importanti. Qualche tematica sarà approfondita nei prossimi numeri di “La Zona Milano”. Per il materiale ci siamo avvalsi di un recente articolo di Paolo Hutter su “la Repubblica” e di altri interventi sui media. 

LATI POSITIVI
Giunti quasi alla fine del guado, non ci si può che augurare una buona riuscita dell’esposizione, che per 6 mesi attirerà visitatori da ogni parte del mondo. 
L’Italia e Milano mettono in gioco capacità propositive e organizzative, prestigio e qualità di un Paese, minato nella sua credibilità da troppi alti e bassi. E’ quindi basilare operare perché tutto funzioni bene e soprattutto per recuperare, difendere, valorizzare il tema dell’Expo: “nutrire il pianeta”, ovvero impegnarsi contro ingiustizie e disuguaglianze, contro la povertà del mondo che muore di fame, mentre un’altra parte vive nell’abbondanza e nello spreco.
Ben venga la Carta di Milano, che i tavoli del Convegno Expo delle idee stanno elaborando per un “cibo sostenibile”. L’esposizione deve essere una vetrina non solo di eccellenze, ma della varietà di modi di produrre e vivere il cibo, invitando a riflettere su  atteggiamenti e scelte più responsabili verso se stessi, gli altri, il pianeta. 
Questo è l’obiettivo di Expo, che deve espandersi, incidendo positivamente a livello globale. 
In questo senso è prezioso l’altro Convegno, di Palazzo Marino, sulle criticità di Expo e sull’impegno a declinarne il messaggio in modo coerente. 
Intanto il valore di traino inizia a manifestarsi in piccole iniziative, specie nelle scuole, dove, ad esempio, Milano Ristorazione invita con dei sacchetti i bambini a portare a casa pane e frutta avanzati.
Positivo anche il richiamo commerciale e turistico dell’evento, che potrebbe rivelarsi propulsivo per l’economia e colmare in parte i costi enormi per acquisto delle aree ed edificazioni. 
Grande valore sta già assumendo il fermento culturale che Expo riaccende: arte, musica, mostre, convegni, iniziative di ogni genere fioriscono a Milano e in tutta Italia, rivificando quelle doti e conoscenze per cui siamo famosi nel mondo e che possono avviare una nuova strada.

LATI CRITICI
Il primo problema è stata l’area. Lo ha illustrato nel Convegno a Palazzo Marino, Basilio Rizzo, presidente del Consiglio comunale. Negli altri paesi Expo si è sempre fatto su terreni pubblici, come previsto, invece l’Italia si è messa subito in una situazione anomala, scegliendo di comperare aree private per 260 milioni di euro, di cui 160 prestati dalle banche. A volerlo fu Formigoni, in conflitto con la Moratti, favorevole a prenderle in comodato, due sistemi di interesse nello stesso centro destra, solo il secondo più rivolto alla esposizione in sé. Come spesso succede da noi, fini e  mezzi si mischiano, i grandi eventi diventano il fine per fare speculazione immobiliare, cambiamenti urbanistici, corruzioni, rafforzamenti di gruppi di potere, ed Expo, come dimostrano scandali di tangenti e turbative d’asta, aveva imboccato questa strada e ci vuole un’attenzione costante per impedire simili fenomeni. 
E strade inutili ma costose, create apposta, stanno contribuendo, con i padiglioni, al consumo del suolo, prima coltivato. Anche  i contenuti, un cibo meglio prodotto e distribuito, rischiano di essere stravolti dagli appalti dati alle multinazionali, proprio quelle che privatizzano beni di tutti, come l’acqua e i semi, o hanno dubbi comportamenti nel produrre e/o nel commerciare. 
L’Expo finirebbe per fare da vetrina a ciò che non dovrebbe, ma che invece continua a dominare le scelte economiche e sociali del paese. L’Expo delle idee, tenutosi con grande risalto a Milano, con esponenti del Governo, se da un lato ha chiarito un po’ cosa sarà l’esposizione, dall’altro ha dimostrato scarsa attenzione ai numerosi stranieri intervenuti (nessuna traduzione) e ai contadini, protagonisti necessari, ma assenti, come lamenta Carlo Petrini. E i lavoratori che faranno funzionare Expo? Avrebbero potuto essere assunti con il tradizionale contratto a termine, invece ci sarà chi lavorerà sottopagato e chi, considerato volontario, gratis. Nel dopo Expo, le aree comprate a caro prezzo e le strutture vuote sono a rischio abbandono. 
Si sta lavorando a possibili soluzioni positive e durature per Milano e il Paese, ma ci sono vari ostacoli, tra cui i tempi lunghi delle decisioni e la struttura stessa dell’esposizione.                   
GDB