IL RISORGERE DEL MALE 7

Tornai a casa di Philip e Linda, che si trovava dalle parti di Manhattan, la famosa “Isola” dei romanzi di Ed Lombain. La via in cui era ubicata l’abitazione dei miei amici era sviluppata in lunghezza più che in larghezza, forse anche perché chi ci abitava non era provvisto di larghi mezzi di sussistenza vista l’alta densità di gente con stipendio medio che vi era ospitata. Se mai era gente di larghe vedute, dato che la densità di persone multirazziali era piuttosto alta. Le palazzine presenti erano per lo più di tre o quattro piani, e risalivano a un cento anni prima. A quei tempi c’erano meno auto circolanti e più cavalli, con la logica conseguenza di più escrementi equini e minore inquinamento derivato dalla benzina, e niente o quasi niente fracasso derivato dal motore degli automezzi. Tutto sembrava più idilliaco, più umano; sebbene umano non è per forza di cose sinonimo di buon vivere. Adesso gli escrementi equini erano stati sostituiti da quelli canini, animali da compagnia di gente sempre più sola.

La palazzina dei coniugi Raymond a tre piani era dipinta di verde prato.

Suonai il campanello. Linda venne ad aprire dopo pochi secondi.

- Mike…

- Ciao, Linda. Posso entrare? Ho una traccia, seppur lieve.

Lei mi fece strada nell’appartamento, composto di tre stanze: soggiorno, camera da letto, studio. Più, ovviamente, cucina e bagno.

Fu nel soggiorno che tornai a sedermi, come la volta precedente a un lato del divano ricoperto di stoffa a fiori. Lei sembrò intuire il mio pensiero e disse:

- Phil spesso scherzava a proposito di quella stoffa. Diceva che nel sedersi aveva sempre come la sensazione di stare schiacciando qualche ape lì annidatasi, talmente i fiori sembrano autentici. E lui che era abituato ad essere un tipo pungente non amava certo essere punto a propria volta. Sorrisi.

- Poche volte deve essere successo - dissi. - La sua abilità nel coniare battute è leggendaria.

- Ma anche le leggende invecchiano, Mike. E muoiono.

Annuii. Le riferii quindi degli incontri che avevo avuto da quando il giorno prima mi ero da lei accomiatato. Quando ebbi terminato, Linda osservò:

- Forse qualcuno lo ha seguito da quell’orribile albergo tendendogli poi un agguato in un vicolo

   appartato…

- In questo caso se ne sarebbe trovato il corpo - osservai a mia volta.

- Tu pensi che possa essere ancora in vita?

Cercai di essere sincero.

- Non lo so, Linda. Forse è tenuto prigioniero in qualche posto. E forse, invece, è stato ucciso e il suo cadavere occultato. Il nostro è un mestiere pericoloso, e non facendo parte della polizia ufficiale il rischio è ancora maggiore. Certi farabutti non si fanno scrupolo di farci fuori se la cosa torna loro utile. Finché ci limitiamo a seguire coniugi in odore di tradimento, ancora ancora; ma, anche qui, il pericolo può annidarsi ovunque.

- Glielo avevo detto più volte di ritirarsi, Mike, ma lui ribatteva che già l’età ci avrebbe pensato a farlo ritirare, perché con la vecchiaia ci si accorcia. Con l’ironia che possedeva poteva mettersi a scrivere polizieschi, romanzando alcuni casi che gli erano capitati durante la sua lunga carriera, e invece…

- Forse lui preferiva essere ancora sul campo. O forse scrivere non gli riusciva così facile come parlare. E poi c’è da aggiungere che anche quando invecchiamo non ce ne rendiamo subito conto perché dentro di noi ci sentiamo sempre più giovani rispetto alla realtà. E lui doveva sentirsi ancora in grado di gestire la sua professione.

Lei sorrise amaramente.

- Già; deve essere così. Anch’io sono così. Dentro, mi sento ancora una ragazza, la ragazza che ho smesso di essere da quarant’anni. Ma la realtà è che sono vecchia, Mike.

Non dissi nulla, perché nulla c’era da dire. Anche perché, da un paio di minuti, avvertivo una strana sensazione. Mi pareva di avere notato qualcosa, qualcosa che però non mi riusciva ancora di vedere.

- Come intendi muoverti, Mike?

La sua domanda mi riportò al presente, incentrato sul mio amico e maestro Philip Raymond. Philip aveva esordito nella professione otto anni prima di me, dopo un certo numero di anni trascorsi nella polizia. Io invece avevo saltato quella trafila per debuttare direttamente nella Private Investigator.

- Francamente non lo so. - Risposi a Linda. - Intendo però continuare la ricerca.

- Resta inteso che verrai pagato adeguatamente. Permettimi di anticiparti qualcosa per le spese.

- No. Philip è mio amico, così come lo sei tu, Linda. Non si accettano pagamenti dagli amici.

Fu il suo momento di non dire nulla. Stavo per alzarmi dal divano per andarmene, quando la mia mente si illuminò. Avevo riconosciuto, nelle due torce elettriche posate sul finto caminetto, lo stesso tipo di torcia adocchiato nella vetrina di un ferramenta sulla Quarantaduesima Strada, non lontano dall’hotel Metropoli. Le indicai a Linda.

- Quelle torce mi paiono nuove: dove e quando Phil le ha acquistate?

Lei spostò lo sguardo velato dal pianto a fatica trattenuto in direzione delle torce indicate.

- Le ha portate a casa un mese fa. Non mi ha detto però dove le ha comprate.

Annuii.

- Credo di saperlo io, dove. Ti farò poi sapere. Arrivederci, Linda.

E così dicendo me ne tornai in strada, là dove un individuo sradicato come me meglio si trovava.
Antonio Mecca