UNA SEQUENZA DI SCUSE

Per la prima uscita insieme

Tutta la mattinata a infiorettare quel dannato calesse e alla fine…

Ho voluto andare già di primo mattino a noleggiarlo in città, anche se il nostro appuntamento era fissato solo per il tardo pomeriggio. Per la passeggiata al tramonto, dovevo esser certo di riuscire ad accaparrarmi quello con la capote più lussuosa: nera e lucida come il cavallo da traino. Ci tenevo a far bella figura per la nostra prima uscita insieme.

Già me la immaginavo, con gli occhi lucidi di emozione nel vedermi arrivare, lì davanti alla grande fontana, in mezzo alla piazza del paese, dove mi avrebbe aspettato. “Ci rimarrà a bocca aperta e senza fiato”, mi ripetevo con fierezza.

Che colpa ho io se quel cavallo dispettoso si è messo a farla proprio nel momento in cui stavo salendo sul calesse per partire? Giusto per finirci dentro con un piede, mentre perdevo l'equilibrio e lo riappoggiavo a terra. Non potevo certo presentarmi con le scarpe conciate in quel modo. È per questo che sono rientrato a sostituirle con un bel paio di stivaletti lustri. Peccato per quella maledetta cerniera laterale che ha stretto il polsino aperto della mia camicia, mentre ero chino per tirarla su!

Ce n’è voluta tanta di pazienza per liberare la stoffa dalla presa, ma un polsino liso certamente non avrebbe deposto bene ai suoi occhi. Il cambio di camicia sarebbe avvenuto in men che non si dica, se quel bottone in mezzo al petto non avesse ceduto di fronte ai miei pettorali, saltando via quando non doveva. La mia camicia più tosta, quella riservata agli appuntamenti più importanti, mannaggia!

Era già tardi ma, se ago e filo avessero collaborato a dovere, la situazione poteva essere recuperabile. E invece no. Quell'ultimo ago rimasto doveva finire per forza fra le pieghe del divano e farmi perdere altro tempo prezioso per spostare i cuscini e scovarlo, possibilmente senza infilarmelo in un dito.

Adesso, però, era fatta, no? Via di corsa verso il calesse, dopo essermi calcato ben bene la paglietta sulla zucca.

Chi poteva sospettare di quei ragazzacci nascosti dietro i cespugli, con le loro fionde, a caccia di lucertole? A loro, quell'occasione deve essere sembrata davvero ghiotta: un gran bel cappello di paglia su cui disputare un primato di tiro da annotare nel proprio curriculum. Non se la sono fatta sfuggire. No. Li ho rincorsi e li ho pure sgridati a dovere ma, al ritorno, il mio sontuoso copricapo giaceva mortificato sotto una zampa del premuroso quadrupede. Forse, aveva voluto salvaguardarlo da eventuali folate di vento.

“Forza, bello, al trotto", l’ho incitato, amareggiato ma ancora speranzoso.

Intravvedevo da lontano la fontana zampillante, ma di lei non restava traccia, quando finalmente ho inchiodato tirando le redini del destriero.

Per farmi perdonare, credo che le regalerò una dozzina di uova fresche, la prossima volta che verrà a fare spesa al mercato del paese e si avvicinerà al mio banchetto. Il motivo vero non posso dirglielo, però. Non mi crederebbe mai. Devo inventare una scusa più plausibile.

Ecco, ho trovato. Le dirò che un maiale è scappato dal recinto e ho passato l’intero pomeriggio a cercarlo tutto intorno alla mia fattoria. Anzi, no. Dirò che mi sono addormentato per la consueta pennichella pomeridiana sotto al vecchio noce e il gallo si è scordato di svegliarmi all'orario convenuto. Chissà se questa è più credibile della precedente o devo pensarne un'altra ancora…

Leonardo Schiavone