UNA SEQUENZA DI SCUSE
- 25 novembre 2019 Racconti
Per la prima uscita insieme
Tutta la mattinata a infiorettare quel dannato calesse e alla fine…
Ho voluto andare già di primo mattino a noleggiarlo in città, anche
se il nostro appuntamento era fissato solo per il tardo pomeriggio. Per
la passeggiata al tramonto, dovevo esser certo di riuscire ad
accaparrarmi quello con la capote più lussuosa: nera e lucida come il
cavallo da traino. Ci tenevo a far bella figura per la nostra prima
uscita insieme.
Già me la immaginavo, con gli occhi lucidi di emozione nel vedermi
arrivare, lì davanti alla grande fontana, in mezzo alla piazza del
paese, dove mi avrebbe aspettato. “Ci rimarrà a bocca aperta e senza
fiato”, mi ripetevo con fierezza.
Che colpa ho io se quel cavallo dispettoso si è messo a farla proprio
nel momento in cui stavo salendo sul calesse per partire? Giusto per
finirci dentro con un piede, mentre perdevo l'equilibrio e lo
riappoggiavo a terra. Non potevo certo presentarmi con le scarpe
conciate in quel modo. È per questo che sono rientrato a sostituirle con
un bel paio di stivaletti lustri. Peccato per quella maledetta cerniera
laterale che ha stretto il polsino aperto della mia camicia, mentre ero
chino per tirarla su!
Ce n’è voluta tanta di pazienza per liberare la stoffa dalla presa,
ma un polsino liso certamente non avrebbe deposto bene ai suoi occhi. Il
cambio di camicia sarebbe avvenuto in men che non si dica, se quel
bottone in mezzo al petto non avesse ceduto di fronte ai miei pettorali,
saltando via quando non doveva. La mia camicia più tosta, quella
riservata agli appuntamenti più importanti, mannaggia!
Era già tardi ma, se ago e filo avessero collaborato a dovere, la
situazione poteva essere recuperabile. E invece no. Quell'ultimo ago
rimasto doveva finire per forza fra le pieghe del divano e farmi perdere
altro tempo prezioso per spostare i cuscini e scovarlo, possibilmente
senza infilarmelo in un dito.
Adesso, però, era fatta, no? Via di corsa verso il calesse, dopo essermi calcato ben bene la paglietta sulla zucca.
Chi poteva sospettare di quei ragazzacci nascosti dietro i cespugli,
con le loro fionde, a caccia di lucertole? A loro, quell'occasione deve
essere sembrata davvero ghiotta: un gran bel cappello di paglia su cui
disputare un primato di tiro da annotare nel proprio curriculum. Non se
la sono fatta sfuggire. No. Li ho rincorsi e li ho pure sgridati a
dovere ma, al ritorno, il mio sontuoso copricapo giaceva mortificato
sotto una zampa del premuroso quadrupede. Forse, aveva voluto
salvaguardarlo da eventuali folate di vento.
“Forza, bello, al trotto", l’ho incitato, amareggiato ma ancora speranzoso.
Intravvedevo da lontano la fontana zampillante, ma di lei non restava
traccia, quando finalmente ho inchiodato tirando le redini del
destriero.
Per farmi perdonare, credo che le regalerò una dozzina di uova
fresche, la prossima volta che verrà a fare spesa al mercato del paese e
si avvicinerà al mio banchetto. Il motivo vero non posso dirglielo,
però. Non mi crederebbe mai. Devo inventare una scusa più plausibile.
Ecco, ho trovato. Le dirò che un maiale è scappato dal recinto e ho
passato l’intero pomeriggio a cercarlo tutto intorno alla mia fattoria.
Anzi, no. Dirò che mi sono addormentato per la consueta pennichella
pomeridiana sotto al vecchio noce e il gallo si è scordato di svegliarmi
all'orario convenuto. Chissà se questa è più credibile della precedente
o devo pensarne un'altra ancora…
Leonardo Schiavone