TEATRO ELFO PUCCINI
- 21 gennaio 2020 Spettacolo Teatro
Da " 12 baci sulla bocca" a "Arlecchino servitore di due padroni"
Da Wilde il testimone passa a Mario Gelardi, con il suo “12 baci sulla bocca”:
l'amore tra uomini, qui negato e conquistato, nell'Italia omofoba degli
anni '70, dalla strage di piazza della Loggia alla tragica morte di
Pier Paolo Pasolini.
In scena all'Elfo dal 21 al 26 gennaio, il percorso difficile, ricco d'intuizioni e ironiecon la regia di Giuseppe Miale di Mauro, dell’incontro-scontro tra Emilio e Massimo, immersi nel finto progressismo della paludosa periferia napoletana, dove il tempo sembra essersi fermato e le antiche leggi sociali e di branco non permettono diversità e non concedono nulla al di là di una prassi consolidata. In scena i bravi e intensi Francesco Di Leva, Stefano Meglio,Andrea Vellotti, che intrecciano attrazione e affetto.
In scena all'Elfo dal 21 al 26 gennaio, il percorso difficile, ricco d'intuizioni e ironiecon la regia di Giuseppe Miale di Mauro, dell’incontro-scontro tra Emilio e Massimo, immersi nel finto progressismo della paludosa periferia napoletana, dove il tempo sembra essersi fermato e le antiche leggi sociali e di branco non permettono diversità e non concedono nulla al di là di una prassi consolidata. In scena i bravi e intensi Francesco Di Leva, Stefano Meglio,Andrea Vellotti, che intrecciano attrazione e affetto.
Prodotto da Teatro Stabile di Torino/Teatro Nazionale e rappresentato dal 28 gennaio al 4 febbraio, l“Arlecchino servitore di due padroni”,
firmato in regia da Valerio Binasco, frantuma la tradizione, con un
Goldoni rivolto più alla commedia all’italiana che alla commedia
dell’arte, e dà voce a un’umanità paesana e arcaica.
Disperato e arraffone, l’Arlecchino ‘contemporaneo’ di Binasco è un poveraccio, 'sovversivo' a modo suo, che sugli equivoci costruisce una specie di misero riscatto sociale, riuscendo a portare scompiglio nell’ottusa società borghese. La commedia diventa così un gioioso viaggio nel tempo, alle origini del teatro italiano e della sua grande tradizione comica, animata da un cast molto affiatato di attori.
Binasco, cinque volte premio Ubu, scrive: «A chi mi chiede: come mai ancora Arlecchino? rispondo che i classici sono carichi di una forza inesauribile e l’antico teatro è ancora il teatro della festa e della favola».
Il suo stile cinematografico, sintesi, unità di azione e suspense, è al servizio del testo di Goldoni, un congegno perfetto che dal 1745 non smette di funzionare e incantare il pubblico.
Disperato e arraffone, l’Arlecchino ‘contemporaneo’ di Binasco è un poveraccio, 'sovversivo' a modo suo, che sugli equivoci costruisce una specie di misero riscatto sociale, riuscendo a portare scompiglio nell’ottusa società borghese. La commedia diventa così un gioioso viaggio nel tempo, alle origini del teatro italiano e della sua grande tradizione comica, animata da un cast molto affiatato di attori.
Binasco, cinque volte premio Ubu, scrive: «A chi mi chiede: come mai ancora Arlecchino? rispondo che i classici sono carichi di una forza inesauribile e l’antico teatro è ancora il teatro della festa e della favola».
Il suo stile cinematografico, sintesi, unità di azione e suspense, è al servizio del testo di Goldoni, un congegno perfetto che dal 1745 non smette di funzionare e incantare il pubblico.
Grazia De Benedetti
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