MICHELE LAZAZZERA
Di Alberto Pellegatta
Da poco uscito nella nostra collana «Poesia di ricerca» con il libro Canti d’amore e geologia, in coppia con uno dei migliori poeti tedeschi dell’ultima generazione, Michele Lazazzera è un poeta davvero giovane, è nato infatti nel 1995 a Pisticci, cittadina marittima della provincia di Matera. Studia Architettura a Roma e suoi testi sono apparsi su riviste come «Goldenblog», «Poliscritture» e «L’ombra delle parole». Scegliamo due testi dalla raccolta, tanti bastano a capire quanto interessante sia il lavoro appartato di questo giovane autore. Testi rappresentativi della sua personale e esotica ricerca, in cui le immagini, partecipate e depistanti, sono scortate da una versificazione controllata in piena maturazione. Nei suoi testi confluiscono situazioni quotidiane che improvvisamente virano all’incantesimo. I processi descrittivi sono carichi di senso e non semplici didascalie, il pensiero è vigile e pronto all’ironia. La cadenza riposa nella struttura stessa del testo, nella progressione per scatti o nei rallentamenti dello zoom: «La notte… nelle sale virtuali dei cinesi non arriva». Riflessivo e raffreddato («trasforma gli oggetti/in muscoli» o dove «il senso perde tempo» tra «cicatrici» e «formiche piatte a malapena») è capace di diventare incendiario: «Squillano di ormoni sudati si ammazzano/a mani nude di urla - i ragazzi - / nei cieli sbucciati - piccoli figli centesimi… Sono tanto ormai nato, /accade maggiormente nel sonno… dove il panorama /rischia altissimo». Cambiando velocità («velocità sverminate») si fa meditativo: «In mente la combinazione non diluisce/tutto è vero incessantemente, tutto è mancato». Infine, quando si distende il ritmo, asciuga anche il dettato: «i vecchi paurosi/di borbottare morivano/aspettando il turno… dove l’occhio gira la telecamera sul nero/e perde contatto/con il parametro reale».
ARIA DI METRÓ
La ricerca parte a gattoni
dai bordi storti delle pubblicità
che ci appiccicano ai finestrini – insetti -
dalla radice scura che fa trasparire.
Un titolo ci manca, ma ci aggiorna
di continuo il tempo.
Le indicazioni stradali portano
al tuo soggiorno.
L’attesa riempie di corallo i corridoi.
Tutto si slaccia nei paesi distanti,
che sono formiche piatte a malapena.
*
STUDIO PER LE DODICI CITTÁ IDEALI
piccola Cigny sotto attacco preserva l’umore
dove non c’è che linea assoluta di stazionamento
ingombrante magnetico colpo
censura totale che ti ricuce nel segreto
il petto
eppure – fortuna - sarai lontana da ogni
contaminato acquoso gesto di compiacenza
ma se vuoi la prima città mettiti in cammino,
- cassetto perfetto, contro i rumori
umori scuri, tegole infestate tessere ordinate -
il buio accarezza l’eccezione in collisione accelerata
perché capita che la vegetazione si sottragga curva
alla dimensione, nell’urto piatto scompare
recitata nel primo colore del lutto,
ma l’odore dei figli partoriti
non finisce di insegnare a piangere
e il canguro del tuo cuore nella fitta
nebbia si lecca le zampe
pensando che ti cerco e ti perdo.