QUANDO UMANITÀ E PRAGMATISMO SI TROVANO SU FRONTI OPPOSTI
- 25 marzo 2019 Cronaca
Acceso dibattito all’ISPI su un tema che divide l’Europa
Migranti, il dilemma europeo tra i valori fondanti dell’Unione - accoglienza, solidarietà, diritti umani - e la paura dell’invasione, della rinuncia al relativo benessere conquistato, del terrorismo di importazione e autoctono. E, sullo sfondo, una delle cause della possibile disgregazione della magnifica utopia del Manifesto di Ventotene. Se ne è parlato all’Ispi in uno dei più accalorati dibattiti che l’austero salone del milanese Palazzo Clerici abbia ospitato. Relatori Carlotta Sami, portavoce Unhcr-Agenzia Onu per i Rifugiati e Gianandrea Gaiani, direttore Analisi Difesa, magazine di difesa, industria e tematiche militari, moderati da Alessandra Coppola, scrittrice e redattrice del Corriere della Sera.
A lei è toccato introdurre il tema con le parole, sconfortate, di Dimitri Avramopoulos, commissario alle Migrazione dell’UE: “Non possiamo più permetterci di continuare nell’emergenza, nella disorganizzazione. L’Europa sarà giudicata dai suoi cittadini sulla base dei risultati che riusciremo a ottenere”. E tra questi si profila la fine, a giorni, della Missione Sophia, l’operazione militare navale a guida italiana lanciata dall’Unione Europea per combattere il traffico di migranti ma anche di petrolio, armi, droga nel Mediterraneo.
Non è la prima volta, ha ricordato Sami, che L’Europa si trova ad affrontare l’emergenza immigrazione: negli anni ’90 dall’Albania, poi per la guerra dei Balcani: ma è a seguito delle ‘primavere arabe’ e della crisi economica che il fenomeno ha raggiunto dimensioni allarmanti.
Dal Nordafrica e dal Medio Oriente masse di disperati che fuggivano dalla guerra o dalla fame si sono dirette verso l’Europa pacifica e prospera: e l’Italia, ponte naturale proteso nel Mediterraneo è stata, assieme alla Grecia, il Paese prescelto; spesso non per rimanervi, quanto per transitarvi verso altre Nazioni. E qui si verifica il ‘pasticcio’ del Regolamento di Dublino - siglato da tutti gli Stati membri, a esclusione della Danimarca, quindi anche dall’Italia, nasce nel 1990 ma è stato aggiornato con il Regolamento 3 nel 2013 - il quale prevede che sia il primo Stato membro d’ingresso del migrante che opera la registrazione dello stesso, a prendersi in carico la procedura di espletamento della richiesta d’asilo. Per cui il Paese che salva una vita in mare è poi il Paese che dovrà accogliere quella persona e garantirgli protezione e il Paese in cui quella persona sarà costretta a costruire il suo futuro. Ogni tentativo di riformare il Regolamento si è infranto di fronte al rifiuto di modificarlo da parte di numerosi Paesi.
Un Continente di mezzo miliardo di abitanti non è stato capace di accoglierne un milione e mezzo.
Secondo Gaiani, l’80% delle persone che sbarcano sulle nostre coste sono migranti economici: non fuggono cioè da guerre e persecuzioni ma cercano una vita migliore. E sostengono, con il denaro versato per la traversata, il business dei trafficanti di esseri umani; denaro che alimenta altri traffici, di armi, droga oltre al terrorismo. Altrochè difesa dei confini continentali. Bene fa il gruppo di Visegrad a opporsi all’arrivo di immigrati illegali e musulmani.
Un’Europa debole - continua Gaiani - ha consentito il ‘ricatto’ di Erdogan - miliardi di euro in cambio del blocco dei migranti - cui potrebbe seguire quello del Marocco dopo la nuova rotta verso la Spagna seguita agli accordi con la Libia che hanno praticamente azzerato quella verso l’Italia (nel 2018 poco di 6.000 migranti a fronte delle decine di migliaia degli anni precedenti).
L’emigrazione non è quindi solo questione umanitaria, ma anche e soprattutto geopolitica: spesso gli Stati poveri hanno utilizzato le masse umane per condizionare gli Stati ricchi. E ancora: il blocco dei porti salva vite. Proponendo il ‘modello Australia’: respingimenti e campagna di dissuasione nei Paesi da cui provengono gli immigrati illegali.
Ma, ha ribattuto Sami, le condizioni disumane - violenze di ogni genere, stupri, torture - praticate nei lager libici sono l’opposto di quei valori umanitari dei quali l’Europa si dichiara paladina. E non ha senso affermare che chi rischia la vita finanzia i trafficanti, i quali continuano a prosperare nonostante il blocco dei flussi migratori. È contro i trafficanti che dovrebbero essere utilizzati gli ingenti fondi (vedi aiuti alla Libia e ad altri Paesi) stanziati per fermare i migranti. Infine: non è vero che il blocco dei porti salva le vite. Nei primi mesi del 2019 su 359 sbarchi ci sono stati 260 morti in mare, una percentuale altissima. Non si ferma il traffico se non si aprono corridoi legali, e su questo l’Europa sta facendo pochissimo.
È seguito un dibattito acceso: che può essere riassunto dalla domanda di una donna del pubblico: “Dobbiamo piangere per quanto succede in Libia?” e dalla gelida risposta di Sami: “Signora, faccia come le detta la sua coscienza”.
Nella foto: Achille Colombo Clerici pres. di Europasia