UN NATALE DI TANTI ANNI FA - 2
- 06 agosto 2020 Cultura
Concluso il pranzo, tirato in lungo come in nessuna altra festività, sembrava essere conclusa anche la parte più bella del Natale. Così, nel pomeriggio, quando non si andava magari a un cinema tutti insieme, ecco che lui usciva per suo conto, ormai grande abbastanza per andare al cinema da solo oppure semplicemente per camminare. Ma cosa c'è di più bello e magari di più complicato di una cosa semplice, soprattutto per chi non ha più la possibilità di poterla autonomamente compiere?
Era bello per lui passeggiare nel pomeriggio vuoto di traffico, le poche persone che transitavano per strada, i pochi suoni che arrivavano alle sue orecchie. Era anche leggermente triste, però, perché quell’atmosfera di forzato riposo era un po’ l'antitesi dell’esistenza, che è lavoro, movimento, vivacità. Ma intuiva che per continuare ad agire è necessario ogni tanto fermarsi, per poter così far decantare la mente, il cuore, e ottenere il rinnovarsi di nuovi slanci. Forse, anzi senza dubbio, in quel giorno speciale non tutti diventavano più buoni, ma c'era da dire che quella pausa ci voleva, perché necessaria per riflettere.
La Natura circostante sembrava vivere l'avvenimento con la grazia di sempre, piccolo paradiso terrestre regalato agli abitanti e ai passanti che non sempre erano consapevoli di quella bellezza di cui usufruivano. Il lago, maestosamente calmo, era simile a un’enorme acquasantiera come in attesa: una dolce attesa, che una nuova stirpe umana nascesse e affiorasse in superficie già battezzata e pronta a diffondere il Verbo. Nel grande e bell’edificio che lo sovrastava, la bianca statua della Madonna sul bordo centrale del tetto sembrava la bianca piuma inamidata del diadema di una ex-soubrette convertitasi e irrigiditasi nel nuovo credo. All’interno, le suore che al mattino avevano accolto i bambini piccoli e grandi sul sagrato delle chiese del territorio, erano lì riunite. L’azzurra veste color carta da zucchero che le addolciva anche quando il loro carattere tanto zuccheroso non era.
E lei era lì, piena di energia e con tutta la generosità che la donna spesso possiede molto più dell'uomo. Allora, quando il giorno volgeva alla fine, perché quello era il periodo dell'anno in cui la giornata era più corta, e le luci sulla opposta riva erano come tanti occhietti multicolori luccicanti di commozione al pari di pupille di adolescenti innamorati, lui faceva rientro a casa. La neve si era ormai indurita, ma la sua anima non ancora.
E mentre saliva le scale del palazzo dove il suo appartamento si trovava, al terzo e ultimo piano, le vetrate delle terrazze coperte riflettevano le colorate luci intermittenti degli alberi di Natale, trasmettendogli come un messaggio in codice, che era il seguente: non ci dimenticare, perché noi apparteniamo a te e al tuo mondo, all'epoca che ti vide fanciullo. Il mondo in quel giorno sembrava rallentare il suo moto per poi meglio ripartire, e il suo cuore sembrava invece già prepararsi alla primavera non lontana, e alla speranza che questa porta con sé.
Antonio Mecca