IL RISORGERE DEL MALE 1

La donna mi guardava con occhi dallo sguardo triste, colmi di una luce di profonda disperazione, a stento repressa come il pianto che di lì a non molto, quando me ne sarei andato lasciandola sola con il suo dolore, avrebbe ripreso a sgorgare copioso, bagnando le rughe del suo viso sfiorito e irrorandole di acqua salata che invece di rinfrescarle, le avrebbe rinsecchite ulteriormente.

Linda Florence era la moglie di Philip Raymond, un mio collega e amico più vecchio di me di alcuni anni ma più giovane della moglie di ben diciassette. Quando i due si erano sposati, lui era ancora poco più che un ragazzo mentre lei era già una donna poco meno che anziana, ma per quella strana alchimia che talvolta avvolge una coppia i due si erano piaciuti e non avevano potuto impedirsi – e perché poi? – di mettersi insieme e di vivere così una relazione: anomala forse, ma di certo: almeno per quanto li riguardava, intrigante.

Forse, il loro, non era stato amore carnale, amore passionale. Era stato, più probabilmente, un amore di piccoli gesti simili a delicati fiori infilati l’uno accanto all’altro a formare collane floreali del tipo di quelle confezionate dagli indigeni indigenti dei paesi tropicali per accogliere i turisti infilandogliele sul collo, e che servono per ricordare che un matrimonio, una unione non sono sempre e solo catene che ti impediscono di muoverti liberamente, ma un qualcosa di gentile, di aggraziato, una sorta di primavera perenne la cui levità può avvolgerti con la forza di una tigre e il pudore di un cerbiatto. Peccato che i corpi che le sorreggono finiscano inevitabilmente per avvizzire e rinsecchire come vecchi tronchi sempre più privi di linfa vitale.

- Questo è tutto – disse Linda. – Ho pensato di rivolgermi a te, Mike, perché la polizia non ha finor    ad ora cavato un ragno dal buco e non sembra interessargliene più di tanto. E poi ti conosco bene,   so dell’amicizia che ti lega a Phil. Lui ti ammira molto, Mike, perché sa apprezzare la forza e la dirittura morale che contraddistinguono un uomo. E tu, anche se diverso da lui come carattere, di forza e di onestà ne possiedi davvero tanta, unite a un coraggio eccezionale che più di una volta hai saputo dimostrare sul campo.

- Io in lui ammiro la sua moralità e la sua calma ironia – replicai. – Le sue battute sono sempre belle e, quel che più conta, particolarmente azzeccate.

- L’ironia non gli è mai mancata – ammise lei sorridendo con sguardo addolcito dall’amore.

- La nostra vita è stata una lunga, ininterrotta commedia brillante i cui dialoghi sembravano scritti da uno sceneggiatore hollywoodiano o da un commediografo di Broadway. Avevo a volte la sensazione che dovessimo agire e parlare in quella maniera forse un po’ troppo manierata perché qualcuno in quel momento ci stava leggendo, o ascoltando, oppure a deciderlo era un autore che ci giostrava come a lui meglio aggradava.

- Sì. Questa è un’impressione che spesso prende anche me.

Per un po’ non parlammo, quasi che entrambi temessimo che qualcuno ci potesse ascoltare, o leggere. Poi fui io a rompere il silenzio.

- Insomma: Philip stava svolgendo un’indagine per conto di Ed Lombain, il grande scrittore di polizieschi?

Lei confermò.

- Sì. Aveva il compito di pedinargli la moglie, che è più giovane di lui di oltre vent’anni.  Evidentemente era geloso di lei e voleva essere sicuro che non lo stesse tradendo.

Sorrisi, per via del fatto che era stato Lombain ad avere tradito a suo tempo le precedenti due mogli, abbandonandole dopo una convivenza ventennale perché lui dopo qualche tempo trascorso con la stessa donna evidentemente finiva per non avere da lei più alcuno stimolo. Prima ancora aveva tradito le sue origini italiane per via del fatto che doveva vergognarsi del proprio nome e cognome tipicamente “macaroni” e così li aveva sostituiti con degli equivalenti anglosassoni legalmente acquisiti quando ancora era molto giovane sebbene già sposato e con prole. Nonostante ciò continuava a inserire nei suoi romanzi e racconti: quasi tutti eccellenti, personaggi di origine italiana quasi tutti simpatici. Forse, a quel punto, l’autentico mystery era la sua vita stessa, infarcita di non poche contraddizioni. Come scrittore però mi piaceva molto, sebbene non condividessi la sua opinione sugli investigatori privati della letteratura poliziesca. Secondo lui erano semplicemente inattendibili. Secondo me, invece, erano spesso più attendibili dei suoi poliziotti, uomini tutti d’un pezzo che nella realtà purtroppo raramente si incontrano.
Antonio Mecca

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