Un'opinione chiesta in ritardo
- 19 febbraio 2017 Editoriali
Attuale assetto di Piazza del Duomo
Mi ero ripromesso di non toccare l’argomento perché, dopo un’intera giornata dove tutti, ma proprio tutti, hanno espresso la propria opinione sulla nuova ed esotica piantumazione di Piazza del Duomo, non ne potevo più e immagino di non essere stato il solo.
Rassicuro già da subito i lettori di Vivere Milano che non esprimerò opinioni personali in merito all'argomento dato che il mio parere non vale più di quello di ogni altro milanese.
I fatti noti sono i seguenti. Un grande sponsor si è fatto avanti per sovvenzionare i lavori; la sovrintendenza ha approvato e rilasciato il benestare; i milanesi si son trovati davanti al fatto compiuto e, che siano favorevoli o contrari, ormai è di poca importanza. Su quest’ultimo punto torneremo in seguito.
Come detto in principio, molti nostri autorevoli e illustri concittadini ci hanno esposto il proprio pensiero, sindaco compreso, il quale, da uomo al passo coi tempi, ha dapprima postato un commento trasudante perplessità, corredato da puntini di sospensione, su Instagram “Milano si risveglia con palme e banani in Piazza Duomo. Buona o cattiva idea? Certo che Milano osa eh…”, e in seguito, con un laconico riferimento ottocentesco alla piazza, ha dichiarato di voler sospendere il proprio giudizio in attesa del risultato finale.
Curiose dichiarazioni, considerato che mostruosità futuristiche stanno spuntando come funghi in tutta la città, adombrando e schiacciando la Milano del XIX secolo, senza che in Giunta nessuno “osi” mai dissentire.
Dal canto suo, Philippe Daverio, per il quale nutro una certa stima, commenta positivamente il progetto in linea con la storia. Ma anche in questo caso si tratta di un’opinione personale e siccome la piazza ha subìto ben più di un mutamento nell'arco di quei cent’anni, non è detto che l’arboreo e storico riferimento possa essere condiviso.
Ma le dichiarazioni migliori rimangono quelle dell’architetto Marco Bay, artefice del progetto: “I tronchi dialogano con le colonne del porticato e le punte delle foglie delle palme (ma non si chiamavano fronde?), con le guglie del Duomo”.
Un’opinione magistralmente proferita e talmente insigne da non poter essere contraddetta: io di solito mi limito a far dialogare il cervello con la bocca prima di darle fiato. Magari un giorno vedrò dialogare una begonia con un palo della luce ma lo terrò per me per paura d’essere ricoverato d’urgenza.
Dopo tutte le parole e con tutto già deciso e in corso d’opera, sono giunti, con un treno nettamente in ritardo, innumerevoli sondaggi per conoscere l’opinione dei milanesi.
Mi torna alla mente l’incontro tenutosi il primo Dicembre 2016 alla Triennale per discutere insieme ai cittadini il futuro di Piazza Liberty. Evento ininfluente e lampante esempio della differenza che corre tra l’argomentare e il negoziare le proprie ragioni. A che serva organizzare una tavola rotonda a decisioni già prese non lo capirò mai.
Se di partecipazione diretta vogliamo davvero discutere, allora che essa sia effettiva e, soprattutto, tempestiva e non una scialba imitazione pubblicitaria, orchestrata a posteriori per darci un contentino.
Un buco in Piazza Liberty e una foresta pluviale in Piazza Duomo, questo è quanto che ci spetta. E l’unica domanda di un certo spessore che a questo punto potremmo rivolgere al Comune di Milano è: “ma le palme sono da dattero o da cocco”? Ah, sono alberi provenienti dalla Brianza? Palme da luganega?
Riccardo Rossetti