Abitando Milano:

Trenord, Aler e quelle... “regolette”

Gli Enti che erogano i “servizi pubblici” talvolta hanno delle “regolette”, che hanno un peso non indifferente nell’utilizzo dei servizi medesimi. Saremo un po’ lunghi, ma lo richiede il tema.
Trenord -  Ha suscitato un certo scalpore il cosiddetto “bonus ritardi” in vigore alle Ferrovie Trenord. Il caso è emerso dopo la denuncia anonima di tre macchinisti della Milano-Cremona-Mantova: «Su questa linea, ogni volta che un treno accumula 20 minuti di ritardo ci fa guadagnare 13 euro. La puntualità non è redditizia per il nostro stipendio», riportavano i quotidiani di fine febbraio. 
Regole - La lente d’ingrandimento si è posata sull’art. 54 del contratto di lavoro aziendale Trenord del 2012: paradossalmente, più il treno arriva in ritardo e più aumenta il compenso per maggiori prestazioni guadagnato dai macchinisti. Insomma, al di là di specifiche responsabilità o abusi, è stato osservato che la normativa sottoscritta da azienda e rappresentanti dei ferrovieri è in oggettivo contrasto con l’interesse dei viaggiatori (che adesso, a modo loro, “si spiegano” il perché di ritardi a prima vista incomprensibili). Quindi, dopo tre anni e dopo la denuncia dei tre macchinisti, molti “addetti ai lavori” si sono affrettati a dire che quell’art. 54 va rivisto.
Metodo - Nell’occasione, ci permettiamo di fare un’annotazione metodologica: le regole del funzionamento dei “sevizi pubblici” vengono normalmente scritte senza tenere conto del “pubblico”, cioè dei destinatari dei servizi. Allora, invece di rincorrere i disservizi, è così strano prevedere che, in fase di definizione delle “regolette”, anche i cosiddetti utenti possano esprimere le loro valutazioni e proposte (“progettazione partecipata”)? Più volte, a seguito di disservizi particolarmente eclatanti, si costituiscono “comitati di pendolari” e quant’altro, dove utenti dei servizi si consorziano mettendo a disposizione – gratuitamente – le proprie capacità e professionalità, trovando anche delle soluzioni ai problemi. E se si cercasse di prevenirli? 
Aler - Dai treni “pubblici” alle abitazioni “pubbliche” il passo non è poi così lungo. L’occasione è stata il 2° seminario “Abitando Milano - Proposte per l’abitare e per la Città” sul tema “Abitare nei quartieri Erp: a che punto siamo?” dello scorso 25 febbraio, promosso da Consulta Periferie Milano con il patrocinio di Assoedilizia. Il tema è sempre quello dell’utilizzo del cosiddetto “sfitto”: oltre 9.500 appartamenti “pubblici” lasciati vuoti, cui sono da assommare centinaia di negozi e magazzini, questi ultimi anche lasciati liberi da negozianti ed artigiani perché gli affitti “di mercato” praticati da Aler in quartieri che hanno tutt’altro mercato, sono insostenibili.
Ma, anche qui, qual è la “regoletta”? Ci dicono: “Aler non può abbassare gli affitti; se lo fa, interviene la Corte dei Conti con sanzioni. Se, invece, il negoziante o l’artigiano se ne vanno, magari spostando l’attività in un immobile ‘privato’, nessuna Corte dei Conti ‘misura’ e sanziona per l’immobile rimasto vuoto e per il mancato introito”. Insomma, gli Enti non sono misurati sul mancato utilizzo degli immobili “pubblici” e, tanto meno, sul deserto socio-abitativo che creano. Ne consegue che nessuno è motivato ad affittare il patrimonio edilizio pubblico. Insomma, è una questione di “regolette” che, poi, possono incidere sulla mentalità e sul modo quotidiano di lavorare.
Aler San Siro - Sempre in merito all’abitare, nel maggio 2013, un comunicato ha acceso le speranze degli abitanti di San Siro, particolarmente i circa 800 con problemi di salute mentale ed i loro familiari: “Verrà avviata la ristrutturazione della struttura attualmente inutilizzata di via Zamagna, denominata ‘Ex Onmi’, che sarà poi destinata ad ospitare un presidio socio-sanitario a servizio di tutto il quartiere San Siro (...) grazie all’impegno congiunto del Comune di Milano, di Regione Lombardia e di Aler” e all’intervento del Fatebenefratelli, che avrebbe assicurato gli opportuni investimenti e servizi. Ma, tutto è saltato per la solita questione dell’affitto reclamato da Aler, che avrà le sue buone “regolette”, che però hanno impedito la realizzazione di un servizio “pubblico”. Intanto, lo spazio di 400 mq continua ad essere inutilizzato e anche degradato. Allora, anche una domanda: se tutti sono d’accordo, come mai non c’è nessuno che, alla fine, soppesate le varie esigenze, decida per il cosiddetto “bene comune”?
Rigenerazione - Sempre in tema di Aler, un’annotazione: più volte si parla di rigenerazione socio-abitativa dei quartieri popolari, abitati soprattutto da categorie fragili. In merito, dal 2012 Consulta Periferie Milano, con il progetto Abitare popolare “periferico”, ha proposto che i circa 650 cosiddetti appartamenti sottosoglia (piccoli monolocali inferiori a 28 mq) liberi, siano assegnati, per esempio a un migliaio di studenti “fuorisede” disponibili a dedicare del proprio tempo ad arricchire socialmente e/o culturalmente il quartiere (aiutare gli anziani, fare doposcuola o anche concerti). A tale proposito, il Comune di Milano ha recentemente assegnato 24 monolocali ad un canone di 370 €/mese in cambio di 10 ore mensili di volontariato nei quartieri Ponti, Pratocentenaro e Niguarda. E Aler? Malgrado ripetute richieste, è rimasta disinteressata al tema, continuando a non assumere come priorità il tema dell’abitare, dimensione sociale compresa. Così, anche recentemente, ha chiuso un bando per l’assegnazione di circa 200 piccoli appartamenti con le consuete modalità. Adesso ne rimangono circa 200 che potrebbero essere utilizzati per la rigenerazione socio-abitativa. Ma, anche qui, non è forse il caso di introdurre qualche elemento di “progettazione partecipata”, visto anche che, tra l’altro, si tratta di beni “pubblici” e che l’enorme debito accumulato lo dovrà pagare il “pubblico”?  Allora, qualcosa – Aler – cambierà? E’ quello che speriamo, “Abitando Milano”.
Walter Cherubini
Consulta Periferie Milano

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