I RACCONTI DEI LETTORI
- 19 novembre 2020 Cronaca
Inviate un vostro racconto a edbedizioni@libero.it, rubrica: I racconti dei lettori.
Lo pubblicheremo online ogni domenica e i migliori verranno riuniti in un volume che uscirà a settembre
Una festa di compleanno che avrebbe potuto cambiare la storia
Il sole era già tramontato e nessuno era arrivato. Eppure avevo
invitato tutti i soliti compagni con cui ci trovavamo la sera
dell’ultimo giovedì del mese - li chiamavamo pomposamente “giovedì
filosofici” - per discutere di filosofia, religione o politica, secondo
l’estro del momento. Ma questa volta era anche il mio compleanno e
speravo che nessuno se ne ricordasse perché avevo preparato loro una
sorpresa, una proposta, che li avrebbe lasciati a bocca aperta!
Di solito, verso la metà del mese, uno di noi lanciava l’idea di
ritrovarci. Ognuno portava qualcosa da mangiare o da bere, mentre il
padrone di casa provvedeva a pane, dolci e bevande. Questa volta ero
stato il primo a lanciare la proposta e tutti avevano accettato.
Non vedendoli arrivare, avevo preso il cellulare per controllare se
qualcuno avesse disdetto, ma non c’era campo. Acceso il computer, avevo
verificato la posta: nulla, internet non andava. “Idiota che non sei
altro”, mi ero detto “se non c’è rete non funziona”. E da più di un anno
non avevo nemmeno la rete fissa, dopo che, durante una bufera, erano
caduti i pali del telefono e nessuno li aveva più riparati, troppo
costoso essendo io l’unico utente in quella piccola valle.
Non riuscivo a decidere cosa fare. Non aveva senso uscire per andare a
cercarli, perché abitavano lontano ed era già tardi. E poi, chi sarebbe
rimasto a casa nel caso fossero arrivati?
Guardando fuori, nel buio delle colline non si vedevano fari di auto,
nemmeno in lontananza. Solo le luci sfuocate dei poderi limitrofi.
Dopo un’altra mezz’ora di inutile attesa, decisi di prendere l’auto
per raggiungere il casolare più vicino, dove stava Maria, madre di
Marco. Loro avevano l’allacciamento al telefono fisso, avrei potuto così
cercare di contattare Giuda, poi Simon Pietro e suo fratello Andrea e
dire loro di passare a prendere Giovanni e suo fratello Giacomo, che
abitavano lungo la strada. Avrei poi chiamato Bartolomeo e Tommaso, che
sarebbero potuti passare da Taddeo, Simone e Maddalena.
Come sempre avevo impiegato non poco tempo a trovare le chiavi
dell’auto: erano sempre nel posto sbagliato. Uscito in giardino, avevo
tentato di aprire l’auto con la chiave elettronica, ma non funzionava.
Aperta manualmente la portiera e infilata la chiave nell’accensione,
avevo cercato di avviare il motore, ma senza successo. Il cruscotto era
rimasto buio. “Dannazione, tutte a me questa sera, anche la batteria
scarica!”
Sempre più sconfortato, mi ero avviato lentamente a piedi lungo il
viottolo che risaliva e aggirava la collina fino al podere vicino: mi
aspettava una bella passeggiatina di mezzoretta al buio!
Quand’ero quasi giunto alla meta, avevo visto in lontananza un gran
via vai di fari. Mi sembrava anche che alcune auto avessero dei
lampeggianti blu accesi. Accelerato il passo, quando avevo quasi
raggiunto il podere, ormai senza più fiato, tutto si era acquietato, con
l’ultima auto che si stava allontanando dal podere, quella con i
lampeggianti. Giunto finalmente al cancello, avevo visto che all’interno
della corte vi erano solo le auto e i trattori della famiglia di Maria.
Mentre mi avvicinavo alla porta di casa, nel buio intravidi che da
sotto il portico stava uscendo Marco, il più piccolo dei loro figli, che
portava con non poco sforzo due secchi pieni di avanzi, probabilmente
destinati ai maiali. “Ah, sei tu, finalmente” mi aveva apostrofato sua
madre che arrivava d’appresso. “I tuoi amici se ne sono appena andati,
hanno cercato di contattarti ma non risultavi raggiungibile. Hanno
comunque deciso di cenare anche senza di te, ormai era già pronto. Verso
la fine è arrivata anche la polizia a cercarti” concluse Maria, con un
tono un po’scocciato “qualcuno gli aveva detto che avevate organizzato
una riunione da noi”. Vero! Me ne ricordai all’improvviso. Avevo chiesto
ospitalità per la cena a Maria perché, avendo risposto tutti
affermativamente, non vi era abbastanza spazio nella cucina. Mi
maledissi per essermene scordato. “Ma la polizia cosa voleva da me?”
chiesi un poco in ansia. “Non lo so con certezza, sono stati abbastanza
vaghi. Parlavano di qualcosa che stai andando in giro a dire durante le
riunioni che organizzi. Certo non hai la mano leggera quando lanci i
tuoi strali contro chi ci governa” prosegui la mia vicina “sai bene che
ciò da fastidio a molti”. Per mia fortuna, mentre i poliziotti stavano
per avviarsi verso valle per cercarmi, avevano ricevuto una chiamata
dalla centrale ed erano allora ritornati verso il paese. Ma si erano
portati dietro due dei miei amici.
Dopo essermi scusato per il casino che avevo combinato, mi ero
avviato sulla strada del ritorno verso casa riflettendo sia sulla cena
saltata, almeno per me, sia sullo scampato pericolo. Nei giorni
successivi ero riuscito a organizzare un nuovo incontro, questa volta
avvisando gli amici che volevo festeggiare il mio compleanno. Ma quasi
tutti avevano declinato l’invito: l’arrivo della polizia li aveva
spaventati. Avevano risposto affermativamente solo Pietro e Maddalena, i
due amici che quella sera erano stati portati in caserma e mi avevano
poi raccontato di essere stati maltrattati per tutta la notte da
poliziotti che continuavano a fare domande su di me.
Mentre consumavamo una cena frugale e per nulla allegra, mi avevano
chiesto, per il bene di tutti, loro e mio, di cambiare aria per un pò
di tempo, nell’attesa che le acque si calmassero. Avevo risposto che ero
molto dispiaciuto per averli messi in pericolo e che avrei voluto
spiegare a tutti loro di un nuovo progetto rivoluzionario che già da un
pò stava prendendo forma nella mia testa.
Ma probabilmente avevano ragione loro. I tempi non erano maturi per
le mie idee di pace, libertà e amore universale. Forse sarebbe stato
meglio attendere giorni migliori. “Ma vi saranno mai tempi migliori?” mi
ero chiesto mentre sconsolato li vedevo andarsene tristi e soli lungo
la strada.
Marco Lucio Fasan