Il gioco delle voci
- 14 settembre 2017 Cronaca
Nel mondo dello spettacolo c'è una categoria di lavoratori pressoché ignorata perché costantemente all'ombra, è quella dei doppiatori.
Per decenni, poi, abbiamo dato quasi per scontato che la voce proveniente dallo schermo fosse degli stessi attori, seppure venissero da oltreoceano, e soprattutto per quanto riguardava gli attori di film italiani, i quali spesso non erano neppure attori o - comunque - non possedevano una voce sufficientemente incisiva. Solo negli ultimi anni sono venuti alla luce nomi e volti di attori (perché chi doppia è, a tutti gli effetti, un attore) i quali danno la propria voce ad interpreti in prevalenza stranieri rinforzandone la recitazione così come un evidenziatore fa risplendere meglio il già esistente. Che poi sia giusto o meno sostituirsi alla voce di un attore in un certo senso snaturandone l'interpretazione è un altro paio di maniche. Nel passato si è senz'altro esagerato con la pratica del doppiaggio, sostituendosi spesso e volentieri alla voce originaria degli interpreti originali. Ciò era dovuto a un insieme di cose: l'imposizione delle major hollywoodiane affinché - grazie al doppiaggio - i film risultassero meglio fruibili in Paesi stranieri; le coproduzioni: in genere con la Francia ma non solo, dove era pressoché impossibile che interpreti stranieri potessero passare per personaggi italiani (ricordiamo, uno su tutti, il Jean Louis Trintignant de "Il sorpasso", doppiato da Paolo Ferrari); il fatto che non certo di rado, fino agli anni '60, molti cosiddetti attori venivano presi dalla strada dove magari avrebbero dovuto continuare a stare, in base alla loro prestanza fisica e quindi si doveva fornire loro una patente di credibilità mediante la voce prestatagli da attori veri e propri. Ecco allora attori spesso grandi quali Andreina Pagnani, Rina Morelli, Tina Lattanzi, Lidia Simoneschi, Emilio Cigoli, Renato Turi, Gualtiero De Angelis, Giulio Panicali, Carlo Romano doppiare centinaia di film per decine di anni, affiancati dapprima e sostituiti poi da una nuova schiera di colleghi quali Maria Pia Di Meo, Rita Savagnone, Pino Locchi, Cesare Barbetti, Giuseppe Rinaldi. E con loro, l'oro della voce di Oreste Lionello, la cui voce caratteristica ha svettato nella splendida interpretazione del doppiaggio maschile del film "Mary Poppins", e poi in quella di Woody Allen per molti anni, e anche di Gene Wilder nonché di molti personaggi di film di Fellini, un regista questo che non diffidava ma al contrario si affidava molto alla magia del doppiaggio per far meglio risplendere i propri film. A differenza di un regista quale Muccino, che invece parla dapprima male dei doppiatori per poi continuare a utilizzarne i servigi riguardo i suoi film americani. Cosa questa che ha fatto imbestialire Maria Pia Di Meo, una delle regine del doppiaggio, voce storica di gran parte dei film interpretati da Audrey Hepburn, Jane Fonda, Barbara Streisand, Meryl Streep. La romana Di Meo, anche interprete a suo tempo di commedie per il teatro e di sceneggiati per la televisione, visse a Milano durante tutto l'arco degli anni '70, tornando spesso a Roma per continuare a doppiare film e telefilm. Da almeno una ventina d'anni i film italiani raramente vengono (se non in minima parte) doppiati, evitando così all'udito quel fastidioso suono di estraneità che il nostro orecchio adesso non mancherebbe di percepire in un film di casa nostra. Ma per i film stranieri, come si dovrebbe procedere? Utilizzare i sottotitoli? È indubbio, così facendo, che si creerebbe fastidio nello spettatore che non fosse il masochista fruitore di cinema d'essai, per via della inevitabile perdita parziale di espressioni varie e movimenti di macchina da presa che, forse, per certi attori e registi sarebbe anche un guadagno, ma per tutti gli altri no. Ecco perché ci sembra indispensabile continuare nella pratica del doppiaggio, proprio per una questione di pratica: perché così facendo si evita di doversi sobbarcare la fatica di leggere al posto del piacere di guardare, acquisendo invece il sollievo di ascoltare voci più vicine alla nostra sensibilità che ci permettono d'immergerci maggiormente nella vicenda a cui assistiamo. E si vorrebbe pure che i nomi di chi dà le voci venissero riportati a film terminato; ma non dopo che il chilometro e passa di titoli di coda si è finalmente concluso, bensì non appena a concludersi sia stato il film. Facendone conoscere i nomi sarebbe un modo per dare il giusto ringraziamento a chi ha contribuito alla buona riuscita dell'opera cinematografica.
Antonio Mecca