LA LETTERATURA ITALIANA - IL 1500 - TORQUATO TASSO - LA GERUSALEMME LIBERATA
- 03 aprile 2020 Poesia della notte
Canto l’arme pietose, e ’l Capitano
che ’l gran sepolcro liberò di Cristo.
molto egli oprò col senno e con la mano;
molto soffrì nel glorioso acquisto:
e invan l’Inferno a lui s’oppose; e invano
s’armò d’Asia e di Libia il popol misto:
il Ciel gli diè favore, e sotto ai santi
segni ridusse i suoi compagni erranti.
O Musa, tu, che di caduchi allori
non circondi la fronte in Elicona
ma su nel Cielo infra i beati cori
hai di stelle immortali aurea corona;
tu spira al petto mio celesti ardori,
tu rischiara il mio canto, e tu perdona
s’intesso fregi al ver, s’adorno in parte
d’altri diletti, che de’ tuoi le carte.
Sai che là corre il mondo, ove più versi
di sue dolcezze il lusinghier Parnaso;
e che ’l vero condito in molli versi,
i più schivi allettando ha persuaso.
Così a l’egro fanciul porgiamo aspersi
di soavi licor gli orli del vaso:
succhi amari, ingannato, intanto ei beve,
e dall’inganno suo vita riceve.
Tu magnanimo Alfonso, il qual ritogli
al furor di fortuna, e guidi in porto
me peregrino errante, e fra gli scogli,
e fra l’onde agitato, e quasi absorto;
queste mie carte in lieta fronte accogli,
che quasi in voto a te sacrate i’ porto.
Forse un dì fia, che la presaga penna
osi scriver di te quel ch’or n’accenna.
È ben ragion, s’egli averrà ch’in pace
il buon popol di Cristo unqua si veda,
e con navi e cavalli al fero Trace
cerchi ritor la grande ingiusta preda,
ch’a te lo scettro in terra o, se ti piace
l’alto imperio de’ mari a te conceda.
Emulo di Goffredo, i nostri carmi
intanto ascolta, e t’apparecchia a l’armi.