Preghiera del mezzogiorno

Dal Volume “Qualcosa di inabitato” Edizioni EDB, Milano - 2013
Stelvio Di Spigno

Le cascate del Vesuvio, il senso
del vuoto sparso accanto alle cose
diramate ogni giorno. Chissà cosa
pensa il nevischio che non teme di farsi acqua.
Chissa cosa sente la neve vera, che fa i torrenti
e allinea le auto nei tornanti. E i fiori,
che poco a poco escono da se stessi, in queste
stesse valli di vulcano in un giorno esatto,
estatico di fine inverno. Dove sarò io,
che scrivo da un villino di Cave, sembra
in cima al mondo, a metà tra due paesetti, nel mezzo
di migliaia di passi, massi, certezze del mezzodì.
Sarebbe magnifico evaporare,
essere fiore, strada, frontiera,
ascoltare quello che dicono i risorti
con la loro voce di gloria, col permesso
del Paradiso in persona, sarebbe intramontabile,
la gioia di lasciare il corpo, assestare la mente,
annientarla nella luce oltremontana, dire credo
che qualcosa cambierà e sarà per sempre,
e non avverrà la vittoria-fuliggine del niente,
per i secoli a venire essere vulcano e stoviglia,
semaforo e allodola, canzone e ramarro, utile come tutte
le creature di tutti i mondi, tutti i momenti.