Gilbert Keith Chesterton

Tra i padri fondatori della narrativa poliziesca nonché tra i padri religiosi protagonisti di questo genere letterario non vi è dubbio alcuno che un posto di spicco spetti all'inglese Gilbert Keith Chesterton, e per quanto riguarda i preti protagonisti e antagonisti al male al suo padre Brown, che dietro il suo apparente candore nasconde la malizia di una mente lucida e analitica che lo porta di volta in volta a risolvere e talvolta ad assolvere coloro che hanno commesso i vari crimini. Nei 50 racconti con protagonista il prete antesignano dei vari don Matteo cine-televisivi, salta subito agli occhi la bellezza dello stile di Chesterton, delle riflessioni del suo personaggio nonché delle flessioni dell'arco rappresentato dal suo talento che gli permetteva di scagliare le varie frecce a sua disposizione. Il primo racconto con Padre Brown è del 1911, l'ultimo del 1936, stesso anno in cui: il 14 giugno, Chesterton muore, all'età di sessantadue anni appena compiuti, essendo nato il 24 maggio 1874 a Kensington, in Gran Bretagna. Da giovane quello che diventerà un gigante della Letteratura e che già fisicamente lo era poiché alto un metro e novanta e pesante 130 kg imparò a leggere sul tardi, tanto da venire considerato tardo di comprendonio. Questo è ciò che può succedere a chi invece è tutto il contrario: talmente intelligente e sensibile, da venire come stordito dalla bellezza della vita, e aspettare di avere in parte compreso come funziona e di avere i mezzi per poterla finalmente descrivere. Crescendo: di altezza e di peso, aveva pensato di fare il pittore. Ma in seguito al pennello preferì il pennino, e ai colori il nero dell'inchiostro, che meglio gli consentiva di delineare i vari personaggi nonché le descrizioni nei suoi racconti, romanzi e poesie. Perché proprio come poeta esordì: nel 1900, con "Il cavaliere selvaggio", mentre l'anno successivo fu la volta in qualità di saggista con "L'imputato", e come narratore nel 1904 con il romanzo "Il Napoleone di Notting Hill", ai quali seguiranno altri lavori tra i quali il romanzo "L'uomo che fu giovedì", letto e apprezzato anche da Mussolini, che Chesterton incontrò e intervistò a Roma. In realtà il Duce, al quale mancava più di un venerdì per come si comportò con il proprio Paese, avrebbe potuto passare direttamente al fine settimana e possibilmente alla sua fine e basta, per evitare al suo popolo ulteriori drammi. Ma era destino che la farsa degenerasse in tragedia. Chesterton amava l'Italia e la sua gente, e ci veniva spesso, specialmente a Firenze e a Roma. Il suo personaggio venne ricalcato sulla figura del suo amico sacerdote John O'Connor ed esordì - come si è detto - nel 1911. Nel 1922 il suo autore da anglicano che era si convertì al cattolicesimo, evidentemente influenzato dal suo stesso personaggio, difendendo la Chiesa in più occasioni, come la volta che ebbe modo di dichiarare: "Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità per combattere la Chiesa". Di certo un'allusione alle dittature politiche di ogni colore. E chi lo sa che il nome Brown - marrone - che è la risultante del nero mescolato al rosso, non sia la forma di dittatura: quella del cuore, che il sacerdote protagonista delle storie di Chesterton incarna al suo meglio. Padre Brown viene descritto dal suo autore come l'esatto contrario di se stesso: "un piccolo prete con un viso rotondo e piatto come le focaccette di Norfolk, e occhi squallidi come il Mare del Nord... Porta un grosso misero ombrello che cade continuamente per terra..." E più in là sarà lo stesso prete a dire: "Io mi sforzo di penetrare nella mentalità dell'assassino. Per la verità, faccio ancora di più: mi immedesimo in lui al punto di riuscire a scorgere il mondo esterno attraverso i suoi occhi biechi e iniettati di sangue, fino al punto di diventare io stesso un criminale". Chesterton sosteneva che per quanto riguarda il poliziesco la vicenda narrata deve essere semplice, e non sovrabbondante di complicazioni inverosimili. Per lui era l'essere umano quello che più contava, più degli indizi visti attraverso la lente di ingrandimento di Sherlock Holmes, predecessore del suo personaggio. Perché il male è dentro di noi, e solo un occhio e un orecchio allenati come quelli di un prete possono essere in grado di individuarlo, punirlo e talvolta assolverlo. 

Antonio Mecca 

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