LA FRAGILITÀ DI UNA MILANO CHE SI CREDEVA INVINCIBILE
- 28 febbraio 2020 Cronaca
Ma,
come milanese, il panorama sociale emerso nella nostra città e nel
resto d’Italia in questi giorni di virale isteria mi ha lasciato l’amaro
in bocca.
Abbiamo ottenuto una
prova concreta e definitiva che la sovra informazione è in grado di
creare tanti danni quanto la censura. Una democrazia dell’ignoranza,
livellatrice di coscienze e senso critico, alimentata non dalla
sovranità popolare ma da un populistico sensazionalismo. Se in molti
sono risparmiati dal Covid 19, nessuno si è salvato dalla schizofrenica
pandemia di stupidità per la quale, al momento, non è nemmeno previsto
un vaccino.
I mezzi di
informazione, di informazione non ne fanno più da un pezzo e hanno
contribuito attivamente ad alimentare un clima da teatro dell’assurdo al
di là della più fervida immaginazione. Tra strafalcioni grammaticali,
inesattezze (epicentro del virus a Cologno),
aggiornamenti in tempo reale tipo telethon, (mappe del contagio minuto
per minuto), psicoterapeuti che spiegavano ai bambini come non aver
paura (più opportuno sarebbe stato spiegalo agli adulti) e esperti in
vari ambiti che vomitavano a getto continuo la propria verità, l’unica
cura efficace da assumere a fine giornata sarebbe stata un
antiemicranico o un antiemetico.
Ma
questo è nulla se paragonato alla social cloaca maxima dove da giorni
circolano false informazioni e tonnellate di letame virtuale; vignette,
freddure e video di ogni risma che stanno ampiamente dimostrando che la
libera e democratica circolazione dell’idiozia risulta essere
estremamente contagiosa. In media me ne arrivano una decina al giorno e
questo mi fa rimpiangere il periodo antecedente al luglio scorso dove,
obbligato, ho doluto acquistare il mio primo smart phone. Magari ero
tagliato fuori dal mondo ma se il mondo di whatsapp consiste, in larga
misura, in un incessante flusso di stronzate che mi intasano il
telefono, stavo meglio prima quando non dovevo adoperarmi in idraulica
digitale.
Il resto è storia; di
quella brutta. Due turiste giapponesi rifiutate da un paio di ristoranti
perché asiatiche. Frasi di incommentabile insipienza, udite al bar, sui
migranti a bordo della Sea watch 3 che ci portano il Coronavirus (dagli
all'untore!) E numerosi assalti ai supermercati al motto di mors tua, vita mea. Ancora
oggi non si trovano alcol etilico, candeggina e disinfettanti; mi
toccherà pulire il bagno con l’aceto. Scatolette di tonno estinte quanto
i pesci contenute in esse. Confezioni di pasta volatilizzate, eccetto
le pennette lisce: anche presi dal panico, siamo pur sempre italiani,
meglio quelle rigate dove il sugo può permearle per bene. Bottiglie di
acqua evaporate: assai logico comprare recipienti potenzialmente
contaminati che bere dal lavandino di casa propria. E birre svanite come
in un oktoberfest: in caso di fine del mondo tanto vale essere
sbronzi. Infine, la nostra politica che si è mantenuta all'altezza delle aspettative: ovvero, nessuna. Specchio cristallino di un paese
gretto, affetto da grave egoismo e litigioso dove la coesione sociale e
il fronte comune dinanzi a un pericolo non importano a nessuno. In
compenso questa grande paura di un contagio darà ancor più flato agli
acquisti on line e allo smart working; giusto ciò che serviva a una
società già ultra connessa ma totalmente scollegata dal mondo reale. In
un recente video, il sindaco Sala ha invitato i propri concittadini a
non svuotare i supermercati ma a prendersi più cura dei più deboli come i
nostri anziani: “Questo è quello che fa una società sensibile e matura”. Ha
pienamente ragione, signor Sindaco. E molti tra noi desidererebbero
vivere nella società da lei invocata. Non a caso credo abbia usufruito di
questi due epiteti, forse perché anche lei si accorto di ciò che ormai
abbiamo perduto.
Se questa situazione di crisi qualcosa ha rivelato, è
stata la nostra vera natura sotto una coltre di effimero edonismo. Non
oso immaginare cosa potrebbe verificarsi in caso di situazioni più
gravi.
Siamo fragili, infantili (il video Milanononsiferma,
somigliante a uno spot pubblicitario per Disneyland, ne è un fulgido
esempio) e profondamente egoisti. Circondati da balocchi tecnologici,
isolati gli uni dagli altri e convinti che la nostro libertà dipenda
dalla possibilità di acquistare tutto ciò che ci pare o di postare i
nostri sproloqui in rete. Abbiamo smarrito ogni senso di appartenenza e
la nostra partecipazione sociale è relegata a uno schermo luminoso.
Ma questo non dipende da lei. Una forma di controllo soft e definitiva di noi masse è già in atto da anni in tutto il globo. Dovremmo
ripartire da capo. Dalle fondamenta. Dall'istruzione e dall'empatia: le
due colonne portanti di una società evoluta. Ma nulla vi è di più
pericoloso e destabilizzante per l’establishment di queste due semplici
parole.
Riccardo Rossetti