MERCATO DEL LAVORO
- 07 marzo 2020 Cronaca
Di male in peggio. Tra gennaio 2020 e dicembre 2109 l’occupazione cala di 40.000 unità ma il primo vero impatto del “coronavirus” si misurerà sui dati di febbraio che l’ISTAT renderà noti all’inizio di aprile.
I dati sul Mercato del Lavoro relativi al mese di Gennaio, appena
rilasciati da ISTAT, confermano un trend di flessione degli indicatori
occupazionali già rivelatasi a dicembre 2019, frutto di una conclamata
frenata dell'economia più o meno diffusa in tutta Europa: ovviamente non
danno conto di quello che saranno i dati di Febbraio, già fortemente
condizionati dalla crisi coronavirus. Vedremo:a occhio possiamo
ipotizzare un balzo enorme della Cassa Integrazione e un congelamento
nel flusso degli avviamenti al lavoro: poi potrebbe anche andare
peggio...
Tornando ai dati di Gennaio riscontriamo un calo degli occupati di
40.000 unità rispetto a Dicembre, 25.000 autonomi, 5.000 dipendenti a
tempo indeterminato e 10.000 a termine. Dato quest'ultimo non
sorprendente: in momenti di flessione i primi a saltare sono i contratti
a termine, senza ovviamente alcun beneficio per la stabilizzazione dei
lavoratori. Non passa mese che l'inutilità dilettantesca del Decreto
Dignità non si manifesti! Al proposito: negli ultimi 12 mesi i contratti
stabili sono cresciuti dello 0,8%, ma quelli a termine dell'1,4%.
Il dato in termini tendenziali (cioè rispetto a 12 mesi fa) infatti è
ancora positivo di 76.000 unità, il che però peggiora la situazione:
vuol dire che negli ultimi due mesi si è cominciato ad erodere la
crescita che c'era stata nei 10 mesi precedenti.
Un altro dato pessimo è che il tasso di inattività cresce rispetto a
dicembre dello 0,2% ma cresce anche (sempre di 0,2 punti) anche il tasso
di disoccupazione, segno che la gente è sempre più scoraggiata a
cercare lavoro, e chi comunque lo cerca non lo trova in misura
crescente.
Un indicatore inusuale, ma interessante, è quello che misura
l'incidenza della disoccupazione per classi di età. Naturalmente il dato
della disoccupazione è influenzato da quello dell'inattività.
Vediamoli: nella fascia tra i 15 e 24 anni, come prevedibile, il tasso
di inattività è molto alto (74,6% - in questa fascia di età prevale la
popolazione in formazione). Il tasso di disoccupazione, cioè quanti
cercano lavoro e non lo trovano, è del 7,4%, stabile rispetto a Dicembre
ma in calo (0,8%) negli ultimi 12 mesi. Nella fascia 25-34 anni il
tasso di inattività, ovviamente, scende notevolmente e l'incidenza dei
disoccupati sulla popolazione aumenta: 10,7%, con dinamiche
sostanzialmente uguali a quelle della fascia precedente. Per la fascia
35-49 il tasso di inattività scende a 19,2% e a 6,8% l'incidenza dei
disoccupati sulla popolazione: lievissimo calo.
Infine, nella fascia tra 50 e 64 anni risale il tasso di inattività
al 35% (a causa essenzialmente dei pensionamenti anticipati) e
specularmente scende l'incidenza della disoccupazione sulla popolazione
della fascia al 3,8%, in lieve aumento (0,2%) su dicembre.
Questo dato è importante perché misura quante sono le persone in
cerca di lavoro rispetto alla popolazione di una data platea; lo stesso
criterio cioè che si utilizza per il tasso di occupazione: quante
persone sono occupate rispetto alla popolazione considerata. Il classico
tasso di disoccupazione misura invece quante persone cercano lavoro ma
non lo trovano; al limite, se 4 persone cercano lavoro e 2 non lo
trovano, il tasso di disoccupazione è del 50%. Ma se la popolazione
considerata è di 100 unità, l’incidenza dei disoccupati sulla
popolazione è del 2%. Il tasso di disoccupazione classico è un indice
più”dinamico”, che misura la efficienza del mercato del lavoro (quanti
di coloro che cercano lavoro riescono a trovarlo) mentre l'indice
dell'incidenza dei disoccupati sulla popolazione è “statico” ma misura
in modo realistico quanti sono i disoccupati rispetto alla platea presa
in considerazione.
Per meglio capire guardiamo la differenza tra i due indicatori nelle
fasce di età che abbiamo considerato: tra i 15 e 24 anni il tasso
classico di disoccupazione è 29,3%, ma l'incidenza dei disoccupati sulla
popolazione è solo del 7,3%. Per la fascia 25-34 rispettivamente 14,5% e
10,7%.
Per la fascia 35-49 è pari all' 8,4% e al 6,8%. Infine per la fascia
50-64 ammonta al 6% e al 3,9%. Come si vede il dato dell'incidenza dei
disoccupati sulla popolazione è costantemente inferiore al tasso
classico di disoccupazione: i due indici tendono ad avvicinarsi nelle
fasce di età centrali, dove più alta è la partecipazione al Mercato del
Lavoro, e divergono sensibilmente per la fascia più giovane e quella più
anziana. Sarebbe bene tenere presente questi duplici indicatori, per
evitare di gonfiare dal punto di vista statistico il tasso classico di
disoccupazione, con l'effetto di enfatizzare (in bene e/o in male) la
situazione dell'occupazione.
Restiamo comunque in attesa dei prossimi dati, che cominceranno a
darci l'idea dell'impatto del coronavirus sull'economia e sul mercato
del lavoro...
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