MILANO CAMBIA MA NON RINUNCI ALLA SUA IDENTITA'
- 22 dicembre 2019 Cronaca
Milano è una città in continua trasformazione. Se la sua anima
innovativa le ha consentito di adattarsi ai mutamenti economici e
sociali globali senza traumi - basti pensare al passaggio, in pochi
decenni, da città fordista a città del terziario, quindi della
tecnologia, dei servizi avanzati, della conoscenza - essa ha talvolta
rinunciato a identità, tradizione e cultura. Anche nel suo aspetto
fisico, nella sua architettura e nella "forma urbis".
Al recente convegno “Rinnovare il moderno” organizzato dall’Ordine
degli Architetti di Milano ho sollevato la questione con una domanda
provocatoria: “C’è ancora una cultura architettonica milanese o mancano
gli architetti in grado di interpretare il genius loci? E dunque
importiamo un'architettura estranea alla nostra cultura?”.
Cos’hanno di milanese – mi chiedo e lo chiedo agli urbanisti – Porta
Nuova e City Life se non il terreno su cui sorgono (anche i capitali
sono stranieri)?
Due importanti riviste di architettura -
Abitare e Domus - hanno affrontato lo stesso tema citando
esempi di snaturamento di alcuni edifici simbolici dell’architettura
moderna milanese: la Torre Velasca, il Pirellino, la Torre Galfa i cui
interni vengono radicalmente modificati per adattarli a nuove funzioni.
Per non parlare degli storici edifici di Piazza Cordusio ridotti a caffè
e a outlet.
Con il suo patrimonio novecentesco Milano è stata esempio al mondo
occidentale di stile architettonico, studiato in molte università. Sono
in arrivo investimenti immobiliari per 12-15 miliardi nei prossimi 10
anni: fonte, i grandi fondi internazionali che intendono, ovviamente,
trarre il maggior profitto da quanto investono. Ma quanto si preoccupano
di preservare l’identità della città?
Tutelare l’architettura novecentesca non vuol dire ingessare Milano –
perché non sussiste incompatibilità fra stile e funzione - ma significa
conciliare ‘milanesità’ e sviluppo. In questo compito-missione Comune e
Soprintendenza sono i primi enti a essere chiamati in causa. Ma anche i
professionisti - architetti, ingegneri, urbanisti – hanno una
responsabilità fondamentale, a prescindere dalle archistar.
Secoli or sono gli italiani sono stati definiti ‘popolo di mercanti
senza bandiere’: vogliamo continuare a esserlo ancor oggi, anche in
architettura?
Achille Colombo Clerici