PERIFERIE: VORREI, MA POI…

Quanti possono essere i modi di vedere e considerare le periferie?

Ci possono essere vari modi di vedere e considerare le periferie. Possono influenzare anche le decisioni pubbliche. C’è da fare un salto di “mentalità” ma, soprattutto, di scelte.
Gaia Trussardi, dell’omonima casa di moda, guarda le «affascinanti periferie» (Corriere della Sera, 27.8.2017) dalla sua abitazione nel Grattacielo Verticale a Porta Nuova. 
Francesca Schiavone, vincitrice del Roland Garros 2010 di tennis e prima italiana ad aver vinto un torneo del Grande Slam, dopo aver vissuto qualche anno in corso Como è scappata, troppa “movida”, e adesso abita a San Siro, dove è cresciuta: «nella mia periferia mi sento protetta» (Corriere della Sera, 6.5.2019). 
Ilaria Borletti Buitoni, già presidente del FAI e sottosegretaria al Ministero dei Beni culturali e attualmente presidente della Società del Quartetto, intervistata dal quotidiano “la Repubblica” - che ha lanciato l'idea di creare un museo che raccolga in un unico spazio tutte le storie e i grandi avvenimenti che hanno fatto diventare Milano ciò che è oggi - risponde che il museo «mi piacerebbe che fosse in una periferia, in modo da valorizzare tutti i quartieri. Ma, sì: probabilmente sceglierei il cuore della città per renderlo davvero visibile» (la Repubblica, 24.5.2019). 
PERIFERICITA’ 
Quelli citati sono punti di vista e anche scelte di vita che, da una parte, sono sostanzialmente più attinenti alla sfera personale (Trussardi e Schiavone), mentre, dall’altra, possono avere un riverbero pubblico, sulle decisioni, anche per le periferie (Borletti Buitoni). 
Ora, qui non vogliamo certo stilare pagelle di “perifericità”, né discutere sull’allocazione di un Museo sulla nostra città. Invece, per quanto possibile, vogliamo sollecitare l’attenzione verso un approccio “periferico” che se, da una parte, è magari animato dalle migliori intenzioni, dall’altro manca ancora dei presupposti “culturali” e “metodologici” adeguati per affrontare la condizione delle periferie con un’ottica cittadina, nella sua articolazione e complessità. 
Per esempio, sempre in merito ai musei, ma la questione è generalizzabile, da qualche tempo il Museo del Manifesto cinematografico con i suoi 150mila pezzi non ha più casa (era in Via Gluck, ma ora al suo posto hanno costruito un palazzo). 
Ecco, allora, avere uno sguardo “periferico” vuol dire chiedersi e operare - cioè creare un sistema di monitoraggio e di regole cittadine - affinché anche quel pezzettino di città e quel “valore” che dava un significativo contributo in quel di Greco, possa ritrovare una casa e ritornare a essere un soggetto vivificatore del territorio circostante (e di immobili pubblici e inutilizzati nella nostra città ce ne sono centinaia, spesso ingabbiati da controproducenti norme politico-burocratiche). Altrimenti sono solo “buone intenzioni” che producono illusioni. 
Walter Cherubini 
Consulta Periferie Milano 

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