Ultimo grido dell’Ebreo Errante

Dolce è camminare tra i monti di Scozia,

creta nelle mani del Signore che mi allieta

con una leggera brezza,

io illuso di essere salvato da questa eterna tristezza.

Rigenerato... se la morte accogliesse la mia anima sofferente

e i secoli passati a errare per gli infiniti sentieri del mondo

non fossero che il miracolo di un uomo immortale

non agognerei, disperato, la serenità tombale!

Se quella mattina irradiata dal sole, se quella mattina

segnata l’avessi accolto con sorriso tenero e anima beata

non camminerei da millenni con l’anima violata.

Sulla strada che portava al Golgota

io, umile custode rabbioso,

l’offesi come il più reietto lebbroso

e dalla maledizione di un momento

principiò la voragine millenaria del mio tormento.

Dall’Asia ai deserti africani, dalle steppe siberiane alla

Persia, ogni sera attendo con umile speranza

la fine di una giornata tersa temendo,

dormiente, che domani ricomincerà la mia tragica danza.

Quale più biblica condanna può superare

l’orrendo mio peregrinare per il mondo?! 

Io, Cartafilo, umile e rabbioso, non ho più età,

dalla maledizione divina di un sol giorno

alla dimora dei defunti più non posso far ritorno.

Ed erro qui, domani dove piove, un giorno sotto il sole,

dovunque, lontano dal Signore,

io, luce spenta che fu priva d’amore,

quando sulla strada del Golgota lo vidi indugiare,

vidi Lui, che seppe solo guarire e amare,

divino taumaturgo sulla strada dei chiodi e del supplizio.

Con l’occhio illuminato ma dolente

mi chiese: “Sul tuo uscio fammi per un attimo sostare”

e io: “No, continua a camminare”.

Sul Golgota la Croce squarciò il mondo

e su quel monte nacque il seme più fecondo

e io a camminare continuo, sino al suo ritorno,

dal pellegrinaggio millenario chiedo solo un dono:

il Suo divino perdono.

Dolce è camminare, centenari, tra i monti della Scozia,

dolce è sentirsi venir meno

sognando che domani sarò con Te, guarito e sereno.

Passa un altro giorno: non sperare, Cartafilo, in un sogno.

In marcia mi rimetterò, sino al suo ritorno.

“Cartafilo” grida Gesù “non può perire la tua voce

dannata” e la mia malvagia anima rinnega d’esser nata.

Yari Lepre Marrani