I RIDERS PER I RECLUSI IN CASA

I nuovi lavori al tempo del coronavirus

Con i tassisti e gli autisti dei mezzi pubblici vuoti sono i riders gli unici che vediamo sfrecciare nelle nostre strade deserte durante il giorno e fino a notte inoltrata.
Sono giovani, ma anche over 40, prevalentemente stranieri. Sfrecciano in bici proprie più o meno abilitate, raramente con motorini. Per loro contano buone gambe, resistenza nel correre e nel fare più consegne possibili per racimolare un pugno di euro al giorno. Non sono lavoratori dipendenti, perché per loro non sono previsti trattamenti particolari nei giorni festivi, weekend, orari notturni o tutto quello che godono i lavoratori dipendenti; il loro datore di lavoro non è l'esercizio ma la piattaforma online di ?food delivery, ?di consegna cibo a domicilio. Deliveroo, Glovo, Just Eat, per fare degli esempi, sono solo marchi che garantiscono consegne 24 ore su 24. Di conseguenza i riders o corrieri sono considerati lavoratori “autonomi”, sebbene non siano loro a concordare la paga né a decidere le modalità con cui devono svolgere l’attività. Insomma i riders si possono considerare una categoria sui generis, che ancora sta cercando una sua fisionomia tra i lavoratori con i Loro diritti e doveri. Lamigliore forma di tutela questi corrieri l'hanno ottenuto con la Carta dei diritti dei lavoratori digitali, per cui si impegnarono per primi, a suo tempo il Comune di Milano e quello di Bologna. (vedere l' articolo sui riders in questo giornale del 9 giugno 2018).Per noi cittadini i riders ricordano i fattorini che trasportano solo pizze ordinate per telefono, un rider porta vari tipi di cibo, e non solo, va “dove lo indica l’ordine”, che può arrivare da un ristorante cinese, da un fast food, da una pizzeria oppure da società di ?food delivery. 
Oltre la bici il corredo del rider consiste in un apposito zaino termico o cubo per le consegne, in uno smartphone da polso offerto in comodato d'uso gratuito e qualche volta in un ?power bank?, batterie esterne per la ricarica veloce. Immaginiamo le maggiori difficoltà e i rischi che incontrano questi lavoratori della strada nel fare le consegne durante il periodo del Covid19. Forse molti non hanno le mascherine, sostituite talvolta con gli scaldacollo. "Il problema è ricordarsi qual è la parte esterna" ammette qualcuno. Nel bussare la porta ai reclusi in casa ci si può aspettare di tutto e bisogna imparare a usare cautela. Un rider intervistato spiega: "Appoggiamo l'ordine sul cubo. CI allontaniamo. Aspettiamo che il cliente esca, lo recuperi e solo dopo possiamo avvicinarci per riprendere la borsa frigo".

Due passi indietro, due avanti, un vero balletto senza contatto. Talvolta si presenta la mamma giovane col bimbo di qualche mese in braccio che apre prima che il corriere suoni il citofono. Succede anche che, appena viene aperta la porta, il papà che vigila con la mascherina vede sfuggire da sotto le gambe il ragazzino di 4-6 anni. Il protocollo si va a benedire e bisogna improvvisare.

I problemi del rider erano una volta soprattutto di salari scandalosi, ora si tratta anche dei rischi di non contagiare e di non ammalarsi.


Luciano Marraffa



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