IL ROMANZO DELLE ORE 20

Il RIFUGIO di Albertina Fancetti - Undicesima puntata

Come ogni venerdì sera Gabriele si trovava a casa di Adriano, suo padre. Dopo la separazione dalla mamma si era trasferito con Ingrid, la sua nuova compagna, in uno spazioso appartamento fuori città. Gabriele si era abituato a guidare nella nebbia a bordo della sua datata Ford Fiesta, per cercare di mantenere un rapporto con l'unico genitore che gli era rimasto. Seduti a tavola durante la cena, si scambiavano opinioni e battute. Adriano era molto diverso da suo figlio. Di origine meridionale aveva la carnagione olivastra e folti capelli neri che cominciavano a ingrigirsi attorno alle tempie e lo rendevano più affascinante. Gli occhi scuri dallo sguardo magnetico e il sorriso da simpatica canaglia, avevano sempre suscitato interesse presso il pubblico femminile. Alto quanto il figlio era però di corporatura robusta e, nonostante ci tenesse a mantenersi in forma, i bottoni della camicia cominciavano a tendersi sull'addome. Ingrid, bionda con gli occhi azzurri, così come era stata la mamma di Gabriele, ma il suo aspetto era molto meno fragile e i lineamenti del viso non altrettanto fini e delicati. La mascella volitiva e la bocca ampia si apriva spesso in un sorriso cordiale. Edoardo, il figlio, assomigliava molto al padre. Si sentiva legato al fratello maggiore che rappresentava il suo punto di riferimento. Gabriele ricambiava il suo affetto con sincerità. Terminata la cena, il bambino lo condusse nella sua cameretta per giocare alla play station. Era il momento che Gabriele preferiva, la compagnia del fratellino serviva a scacciare i fantasmi che troppo spesso albergavano nella sua mente. Giocarono fino a quando Adriano si affacciò alla porta dicendo:
 - Edo si è fatto tardi... non è ora che tu ti metta a dormire?
- No papà ti prego! È prestissimo e poi domani non vado a scuola - replicò il bambino.
Come sempre fu Gabriele a convincere il fratellino a spegnere il computer e a prepararsi per la notte. Adriano lo raggiunse per assolvere il rito della buonanotte, dedicando al figlioletto alcuni minuti di coccole. Gabriele non poteva fare a meno di sentirsi geloso per quel momento di tenerezza del quale era sempre stato defraudato a causa della separazione dei genitori, e si detestava per quella sua debolezza. Adriano cercava di recuperare con il figlio maggiore un rapporto di amicizia, arrivando a confidargli i suoi sentimenti più intimi.
- Questa seconda paternità mi ha molto cambiato, mi fa tanta tenerezza vedere Edoardo così indifeso e vulnerabile. Quando sei nato tu ero troppo giovane e immaturo, e poi tu sei sempre stato un bambino molto indipendente.
Nella sua consueta superficialità non si rendeva conto di quanto quelle considerazioni ferissero il figlio maggiore.
“Certo che dovevo essere indipendente!” - pensava Gabriele con rabbia. Dopo la separazione dal marito, sua madre era caduta in una grave depressione che le permetteva a stento di lavorare. Gabriele aveva trascorso la sua infanzia e l'adolescenza accanto a quella donna triste e smarrita. Sapeva che la sua presenza non riusciva a colmare il vuoto lasciato dall'abbandono di Adriano. Ricordava le mattine di tanti Natali, quando, seduto a terra accanto all'albero che lui stesso aveva cercato di decorare per portare un po' di allegria, apriva i suoi regali tutto solo, mentre sentiva singhiozzare la madre chiusa nella camera accanto. Adriano veniva a trovarlo due volte al mese e lo portava in vacanza con sé. Dapprima Ingrid si era mostrata affettuosa con Gabriele, ma lui le opponeva resistenza temendo di tradire la mamma, se si affezionasse a quella giovane ragazza piena di vita. Quando era nato Edoardo, Gabriele aveva ormai compiuto dieci anni ecomprese che non poteva più far parte della loro vita. L'atteggiamento della madre aveva contribuito a creare la distanza tra il bambino e il padre, ma la donna era sempre stata troppo fragile per poter essere generosa, la depressione l'aveva accompagnata fino al giorno del terribile incidente.
- Mi si è letteralmente buttata contro! - si giustificava il camionista che l'aveva investita, insinuando nella mente del ragazzo il sospetto che lei avesse voluto togliersi la vita. L'inchiesta che ne era seguita non era riuscita a chiarire la dinamica dell'evento. Gabriele si era sentito inadeguato, non era riuscito a farsi amare abbastanza da rappresentare per la mamma una ragione di vita. Lasciò la casa di suo padre di pessimo umore e lanciò l'auto in una folle corsa lungo le strade poco illuminate della bassa padana. La notte di marzo era limpida e una grossa luna piena brillava nel cielo terso, sembrava fosse stata messa lì per illuminargli la via. Quando arrivò a casa, la vita sui navigli si svolgeva in pieno fermento, gruppi di persone passeggiavano chiacchierando e dai locali usciva musica latina. Axel lo attendeva acciambellato sul divano e appariva estremamente contrariato di essere stato lasciato solo così a lungo. Gabriele era troppo avvilito per soffermarsi ad accarezzarlo. Si sentiva stanchissimo e si buttò sul letto dove il micio lo raggiunse facendo le fusa in segno di pace. Dormì a lungo, ma la sensazione di disagio persisteva anche dopo il riposo. Il mattino seguente fece pulizie e la solita spesa alimentare. Sentì suonare il telefono e aprì la porta impacciato dalle borse. Rispose e sentì la voce di Roberta.
- Ciao amore, come stai? - gli chiese premurosa.
- Sì, bene... - le rispose a monosillabi.
La ragazza capì subito che Gabriele si trovava in uno dei suoi giorni neri e ne rimase contrariata. Lei aveva studiato tutta la settimana e sperava di trascorrere una domenica serena che le potesse restituire un po' di carica. Quando il suo ragazzo versava in quelle particolari condizioni psicologiche, tutto diventava estremamente difficile, e Roberta non si sentiva dell'umore adatto per sostenerlo con la dolcezza che le era abituale.
- Cosa pensi di fare questa sera? - gli chiese.
- Sentirò Lorenzo, magari mangeremo un boccone dal cinese qui sotto, tanto tu non avevi intenzione di venire da me no? - le rispose insofferente.
Roberta avvertì la tensione, quando Gabriele era di quell'umore era meglio lasciarlo nel suo brodo.
- Stasera pensavo di finire di studiare, ma domani ti aspetto a pranzo se hai voglia di venire fin qui - lo invitò gaiamente.
- Si va bene ci vediamo domani da te. Ora ti lascio perché devo ancora mettere via la spesa e prepararmi qualcosa da mangiare - tagliò corto Gabriele.
Roberta riattaccò con il cuore stretto in una morsa di gelo, come sempre le succedeva quando le cose tra loro assumevano una brutta piega.


L'INGLESE CANTANDO

Milano in Giallo

di Albertina Fancetti, Franco Mercoli, Alighiero Nonnis, Mario Pace
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Com'è bella Milano

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L'Osteria degli Orchi

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