LA SPERANZA NEL FUTURO È SEMPRE LEGATA AL PASSATO E AL PRESENTE

La strepitosa performance di Roberto Benigni, ospite della terza puntata del Festival di San Remo, ha ribadito l'innegabile talento di questo personaggio, il cui meritato successo dura da una trentina di anni. Dal 1990, anno in cui Federico Fellini lo volle insieme a Paolo Villaggio protagonista di quello che sarebbe stato il suo ultimo film: "La voce della luna".
Disse il grande regista, un romagnolo prestato all'Italia; così come disse di se stesso De Gasperi quando fu eletto presidente del consiglio: "Un trentino prestato all'Italia".
"Come compagni d'avventura ho scelto Benigni e Villaggio - disse Fellini. - Due geniali buffoni, due aristocratici attori, unici, inimitabili, che qualunque cinematografia può invidiarci tanto sono estrosi. Penso che possono essere gli amici ideali per inoltrarsi in un territorio che non ha mappe, né segnaletica". E infatti questo film risulta davvero senza segnaletica, tanto da far dire a Tullio Pinelli, sceneggiatore storico di Fellini, lui sì arrivato al traguardo dei cento anni, che quel film non aveva una sceneggiatura. Al che Fellini rispose che lui lavorava sempre senza sceneggiatura. Cosa ovviamente non vera, sia perché anche lui era uno sceneggiatore, sia perché spesso lavorava in coppia o in gruppo con Ennio Flaiano, Bernardino Zapponi, Tonino Guerra, e Tullio Pinelli. Ma questo film: ricavato dal romanzo di Ermanno Cavazzoni "Il poema dei lunatici", non segue un vero e proprio filo logico, tanto da venire stroncato all'epoca da più di un critico, anche per l'insistenza da parte del regista riminese sulla sua nostalgia per le case chiuse, che forse per un adolescente maschio di allora rappresentavano una grande emozione, ma non per chi ci stava dentro. Il film presenta comunque scene piacevoli da vedere, risalta quella del ballo in discoteca, dove al suono di una canzone di Michael Jackson uno dei due protagonisti: Paolo Villaggio, si aggira stralunato (tanto per restare in tema) dicendo ai giovani che quelli non sono balli, e rimpiangendo le danze tranquille e romantiche in voga durante la sua lontana gioventù, che lo facevano vogare sulle placide acque di un mare liscio come l'olio. Il film è intriso di pessimismo, il pessimismo che in genere coglie chi è entrato nella terza età e soprattutto gli artisti, e in particolare gli umoristi. Nei film di Fellini le donne - seppure spesso usate e sfruttate dagli uomini - sembrano essere le autentiche vincitrici morali di un mondo umano che fondato e diretto dagli uomini lascia ben poco spazio alla controparte femminile. Sembrano essere. Questo per via degli sguardi, della luce intensa emanata da molte di loro, e che ai poeti fa dissertare sul mistero dell'eterno femminino. Non per niente Giuseppe Marotta affermava che la donna è il diluente dell'uomo. Ecco quindi una ragione di più per recarsi a Rimini, la graziosa città romagnola dove lo scorso dicembre è stato inaugurato il museo permanente dedicato a Fellini nel centenario della sua nascita. Si trova a Castel Sismondo, nel centro storico della città, a poche decine di metri dal risorto cinema Fulgor, palazzina con la facciata liberty. Molti film del passato avevano questo di buono: eran proiettati verso la speranza di un futuro più roseo del presente. Ora invece il futuro spesso ci spaventa, e tendiamo quindi a rifugiarci nel passato che già conosciamo per averlo in parte vissuto, in parte appreso dai racconti dei parenti, letto sui libri di scuola, su quelli delle biblioteche, di casa, da molti film e da interessanti documentari televisivi e ora mediante il computer. E senza passato non c'è cultura e non c'è futuro.
Antonio Mecca

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