LA LETTERATURA ITALIANA - IL 1500 - TORQUATO TASSO - LA GERUSALEMME LIBERATA

Canto l’arme pietose, e ’l Capitano

che ’l gran sepolcro liberò di Cristo.

molto egli oprò col senno e con la mano;

molto soffrì nel glorioso acquisto:

e invan l’Inferno a lui s’oppose; e invano

s’armò d’Asia e di Libia il popol misto:

il Ciel gli diè favore, e sotto ai santi

segni ridusse i suoi compagni erranti.

 

O Musa, tu, che di caduchi allori

non circondi la fronte in Elicona

ma su nel Cielo infra i beati cori

hai di stelle immortali aurea corona;

tu spira al petto mio celesti ardori,

tu rischiara il mio canto, e tu perdona

s’intesso fregi al ver, s’adorno in parte

d’altri diletti, che de’ tuoi le carte.

 

Sai che là corre il mondo, ove più versi

di sue dolcezze il lusinghier Parnaso;

e che ’l vero condito in molli versi,

i più schivi allettando ha persuaso.

Così a l’egro fanciul porgiamo aspersi

di soavi licor gli orli del vaso:

succhi amari, ingannato, intanto ei beve,

e dall’inganno suo vita riceve.

 

Tu magnanimo Alfonso, il qual ritogli

al furor di fortuna, e guidi in porto

me peregrino errante, e fra gli scogli,

e fra l’onde agitato, e quasi absorto;

queste mie carte in lieta fronte accogli,

che quasi in voto a te sacrate i’ porto.

Forse un dì fia, che la presaga penna

osi scriver di te quel ch’or n’accenna.

 

È ben ragion, s’egli averrà ch’in pace

il buon popol di Cristo unqua si veda,

e con navi e cavalli al fero Trace

cerchi ritor la grande ingiusta preda,

ch’a te lo scettro in terra o, se ti piace

l’alto imperio de’ mari a te conceda.

Emulo di Goffredo, i nostri carmi

intanto ascolta, e t’apparecchia a l’armi.